Sei miti sul conflitto in Donbass 

Chiunque abbia frequentato i social negli ultimi mesi si è imbattuto in alcune affermazioni sul conflitto in Donbass. Le affermazioni sono spesso seguite dalla citazione di fonti che confermerebbero la veridicità di quanto sostenuto. Vediamole:

  1. Il popolo del Donbass lottava per l’indipendenza e l’Ucraina gliela negava. “Vatti a leggere cosa dice l’ONU!”
  2. Gli ucraini hanno violato i protocolli di Minsk. “Vatti a leggere i rapporti OSCE!”
  3. L’OSCE è un’organizzazione venduta. “Lo sanno tutti!”
  4. Gli ucraini hanno commesso stermini di massa. “Vatti a leggere cosa dice Amnesty International!”
  5. Gli ucraini massacravano i bambini del  Donbass. “Ci sono infiniti rapporti a riguardo!”
  6. I nazisti ucraini torturavano e uccidevano i civili. “Lo dicono Amnesty e l’OSCE!”

Ho visionato di circa 600 documenti delle organizzazioni citate, pubblicati tra il 2014 e il 2021 per verificare se le affermazioni trovavano conferma nei rapporti.

Dal risultato della mia indagine è emerso che i sei punti di cui sopra sono dei miti.

Vediamo cosa contengono i documenti.

Primo chiarimento

Dei circa 14.000 morti in Donbass tra il 2014 e il 2021, i morti civili furono circa 3400. La maggior parte delle uccisioni avvenne tra l’aprile 2014 e il 2015 (incluse le 298 vittime del Malaysian Airlines Flight MH17). Dopo, la missione dell’OSCE ebbe più successo, tanto che nel 2021, per esempio, le morti di civili in Donbass furono solo 25. Il conflitto si stava spegnendo.

2016 - Conlitto in Donbass

Mito 1: Il popolo del Donbass lottava per l’indipendenza e l’Ucraina gliela negava

In un articolo precedente avevo già sfatato questo mito. Per quanto in Donbass nel 2014 esistesse una spaccatura tra gli Euromaidan e chi era contrario all’estromissione di Yanukovich, non esisteva una spinta popolare indipendentista.  

È accertato, che coloro che chiamiamo “indipendentisti”, erano in realtà una combinazione di militari russi in missione “non ufficiale” (come l’ultranazionalista Igor Girkin), milizie paramilitari russe, tra i quali il Gruppo  Wagner, e titushki (criminali locali al servizio di oligarchi legati al Cremlino). Infatti, tutte le organizzazioni di monitoraggio presenti in Donbass si riferiscono a essi come “gruppi armati”, mai come “indipendentisti”.

Da un rapporto tematico OSCE del dicembre 2015:

Nell’aprile 2014 gruppi armati hanno iniziato a sequestrare edifici governativi nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Il 13 aprile 2014 il governo ha annunciato la creazione di un’operazione antiterrorismo (ATO). 

Con l’escalation della situazione tra il governo e i neo costituiti “DPR” e “LPR”, il governo ha iniziato a perdere il controllo su alcune parti del la regione e i membri di “LPR” e “DPR” hanno iniziato a prendere il controllo degli edifici governativi, compresi tribunali e procure.

Nell’agosto 2014, il governo ucraino ha iniziato a prepararsi per il trasferimento totale di tutti i tribunali e delle procure a causa della perdita di controllo su alcune aree. Durante questo periodo, i combattimenti in corso hanno separato la regione in aree controllate dal governo e non, divise da una “linea di contatto”. 

Non vi era mai stato nessun preponderante supporto popolare all’auto proclamazione delle repubbliche. Si era trattato di un’operazione coordinata dal Cremlino. Lo stesso Girkin ribadì che fu lui a iniziare il conflitto in Donbass perché l’opposizione popolare all’occupazione russa era così forte che si rese necessario l’intervento armato.

Anche uno dei comandanti della Wagner, Marat Gabidullin nella sua autobiografia “Io, comandante di Wagner” sostiene di avere combattuto “dalla parte sbagliata”, perché “Le repubbliche popolari erano tali solo di nome. In realtà erano dittature militari”. 

Mito 2: Gli ucraini hanno violato i protocolli di Minsk

Le accuse delle violazioni a Minsk vengono da Mosca e sono state ripetute da chi voleva credere a quella narrativa, anche se non aveva riscontri.

Il Protocollo di Minsk I (2014) e il Protocollo di Minsk II (2015) miravano a porre fine al conflitto in Donbass attraverso un cessate il fuoco e una normalizzazione che avrebbe facilitato le trattative. 

Il primo protocollo di Minsk fu ratificato il 5 Settembre 2014. L’OSCE s’incaricò di osservare la situazione umanitaria, far rispettare il  cessate il fuoco e il ritiro degli armamenti concordato. Purtroppo, inizialmente si trovò incapace di far rispettare gli accordi perché sia l’una che l’altra fazione mantenevano le rispettive linee non fidandosi a ritirare gli armamenti.

Si cercò allora di risolvere il problema coinvolgendo Francia e Germania creando una negoziazione quadrilaterale con Mosca e Kiev che portò al secondo Protocollo di Minsk l’11 Febbraio 2015.

Anche se il secondo protocollo riuscì a ridurre i combattimenti, non riuscì a fermarli del tutto e il processo fu graduale, con effetti significativi solo a partire dal 2016.

Da notare che agli osservatori OSCE veniva sistematicamente negato l’accesso nelle aree delle autoproclamate repubbliche. Questo limitava la coordinazione delle operazioni di disarmo e di sminamento nella parte del Donbass non controllata da Kiev.

In uno Status Report bimensile OSCE del 20 gennaio 2015, leggiamo:

L’Ambasciatore Ertugrul Apakan, Chief Monitor dell’OSCE SMM in Ucraina, ha invitato tutte le parti a esercitare la massima moderazione nell’Ucraina orientale. L’SMM ha inoltre invitato tutte le parti a fermare immediatamente i combattimenti a est, a ritirare armi pesanti e unità armate dall’aeroporto di Donetsk e da tutte le aree residenziali adiacenti, come concordato nei documenti di Minsk.

Nello Status Report del 3 febbraio 2015:

L’ambasciatore Ertugrul Apakan, ha condannato i bombardamenti a Mariupol il 24 gennaio come un attacco sconsiderato, indiscriminato e vergognoso contro civili innocenti.

In merito a questo incidente l’SMM pubblica un rapporto successivo accertando la provenienza dei missili da una zona controllata dalla Repubblica Popolare di Donetsk

Per quanto riguarda la violazione di Minsk in merito al graduale disarmo, nel dicembre 2014 l’ONU riferisce:

Sebbene il governo ucraino abbia intrapreso le misure legislative necessarie, inclusa l’emanazione di un’amnistia e una legge sullo status speciale (entrambe successivamente ritirate) per alcune aree di Donetsk e Luhansk, i gruppi armati (ndt. i prorussi) non hanno attuato né rispettato le disposizioni chiave del protocollo di Minsk: come la garanzia del monitoraggio permanente del confine ucraino-russo e la sua verifica da parte dell’OSCE (Organizzazioni per la sicurezza e la cooperazione in Europa); di tenere elezioni locali in conformità con la legge ucraina; e il ritiro di tutti i gruppi armati illegali, dell’equipaggiamento militare, dei militanti e dei mercenari dal territorio dell’Ucraina.

In conclusione: Minsk fallì perché non esisteva una forza di pace consistente che operasse efficacemente per garantire il cessate il fuoco di entrambe le fazioni. D’altra parte, in violazione del protocollo, le repubbliche di Donetsk e Lugansk, negavano l’accesso ai monitor incaricati di supervisionare il disarmo

In nessun rapporto esiste alcun riferimento al fatto che l’Ucraina avesse per prima violato il protocollo. Nella maggior parte dei rapporti emerge invece che le maggiori ostruzioni al disarmo provenivano dalle due autoproclamate repubbliche.

Il comandante Wagner, Marat Gabidullin ricorda di aver visto i russi bombardare durante i cessate il fuoco e violare Minsk.  

Mito 3: L’OSCE è un’organizzazione “venduta”

È un mantra ripetuto da coloro che citano i rapporti dell’OSCE come prova delle loro affermazioni. Quando gli si dimostra che l’OSCE non ha mai descritto le situazioni che citano, allora “tutti sanno che è venduta”.

Chiariamo questo punto:

Nel gennaio del 2015 erano presenti in Ucraina 341 monitor di oltre 40 nazioni, compresi 20 della Federazione Russa. Il numero andò crescendo gradualmente.  L’8 febbraio 2021 i monitor erano saliti a 715, di cui 39 della Federazione Russa.

OSCE - Conflitto in Donbass
OSCE – 2021

Per sostenere che 715 monitor di 44 paesi fossero “asserviti alla UE e alla NATO”, compresi i 39 russi, bisogna avere qualcosa di sostanziale. Poiché nessuno ha mai provveduto prove a riguardo, dobbiamo dare per scontato che i rapporti di oltre 700 persone sul campo siano un buon riflesso di quanto avveniva.

Mito 4: Gli ucraini hanno commesso stermini di massa

In quegli anni, anche Amnesty International monitora costantemente la situazione in Donbass. In particolare, nel 2014 si occupa di verificare la veridicità delle accuse del ministro degli esteri russo Lavrov riguardo presunti eccidi perpetrati dagli ucraini.

Un rapporto del 20 ottobre 2014 di Amnesty riferisce di avere investigato sulle accuse di esecuzioni di separatisti filorussi da parte delle forze filo-Kiev. Riporta di non avere riscontrato incidenti nella scala riportata dai media e dalle autorità russe, ma solo incidenti isolati e attribuibili a entrambe le parti.

La ricerca era stata condotta tra la fine di agosto e la fine di settembre 2014. Includeva interviste alle vittime e alle loro famiglie, di testimoni oculari, di funzionari locali nelle regioni di Lugansk e Donetsk, del personale medico e di combattenti da entrambe le parti.

“Non c’è dubbio che omicidi sommari e atrocità siano stati commessi sia dai separatisti filorussi che dalle forze filo-Kiev nell’Ucraina orientale, ma è difficile avere un’idea precisa della portata di questi abusi. È probabile che molti non siano stati ancora smascherati e che altri siano stati deliberatamente registrati erroneamente. È anche chiaro che alcuni dei casi più scioccanti che sono stati riportati, in particolare dai media russi, sono stati enormemente esagerati“, sosteneva John Dalhuisen, Direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International.

Le “fosse comuni”

Il 23 settembre 2015 i media russi avevano riportato la scoperta di “fosse comuni” a Komunar e Nyzhnya Krynka, due villaggi nella regione di Donetsk, che fino a due giorni prima erano stati controllati dalle forze di Kiev. I media avevano descritto il ritrovamento di corpi di donne con segni di tortura e il corpo di una donna incinta. In seguito, il ministro degli Esteri russo Lavrov aveva affermato che erano stati scoperti oltre 400 corpi in una fossa comune.

Una delegazione di Amnesty International aveva poi visitato la zona il 26 settembre. La delegazione aveva trovato prove del coinvolgimento delle forze di Kiev nelle esecuzioni di quattro uomini sepolti in due tombe vicino al villaggio di Komunar.

La realtà dietro le affermazioni russe di fosse comuni a Nyzhnya Krynka è distorta. Si tratta dell’uccisione di quattro residenti locali da parte delle forze armate ucraine regolari o dei battaglioni di volontari che operano nell’area. Devono essere investigate, ma sono la dimostrazione che le accuse di abusi sono gonfiate, in particolare dalle autorità russe nella guerra di propaganda parallela”, dichiarava John Dalhuisen.

Amnesty International riceve anche denunce di esecuzioni in Donbass da parte delle forze separatiste. Tra le vittime figurano attivisti filo-ucraini e sospetti simpatizzanti, criminali locali e combattenti detenuti. I corpi recavano segni di tortura. 

Esecuzioni

In merito alle esecuzioni di persone che si erano arrese, un rapporto dell’ONU rileva che entrambe le fazioni sono responsabili di violazioni. 

I gruppi armati hanno iniziato a ricorrere a esecuzioni sommarie e omicidi già nell’aprile 2014. Hanno principalmente giustiziato individui che avevano opinioni esplicite “pro-unità” o che si credeva avessero tali opinioni, o fornito o si credeva che avessero fornito sostegno alle forze ucraine. Alcune delle esecuzioni sarebbero state eseguite al momento dell’imposizione di una condanna a morte dopo una parvenza di processo giudiziario. In almeno un caso, le vittime potrebbero essere state giustiziate per odio razziale.

Le presunte esecuzioni sommarie o uccisioni da parte delle forze ucraine registrate dall’OHCHR sembrano essere state per lo più dovute alla presunta affiliazione di una vittima con i gruppi armati della “Repubblica popolare di Donetsk” e della “Repubblica popolare di Luhansk”, o dalla sua/ il suo sostegno a loro, o dal punto di vista “separatista” o “filorusso” di una vittima.

Nello stesso rapporto l’ONU ritiene il governo di Kiev poco consistente nell’applicare la giustizia. 

Per quanto riguarda le repubbliche separatiste invece, sostiene che fanno semplicemente “finta” d’indagare ma che non hanno mai fornito all’OHCHR informazioni di eventuali processi.

In conclusione, anche i presunti stermini fatti dagli ucraini in Donbass sono un mito. Si sono piuttosto verificati casi di esecuzioni sommarie, vendette e generali violazioni delle convenzioni imputabili a entrambe le fazioni.

Mito 5: Gli ucraini massacravano i bambini del Donbass

Chiariamo un altro malinteso. Il Donbass è una regione piuttosto vasta. Nella mente di molte persone il “Donbass era indipendente e l’Ucraina lo bombardava”. In realtà le autoproclamate repubbliche rappresentano solo una porzione del Donbass, che era diviso in aree controllate da Kiev e aree controllate dai separatisti.

Vittime civili in Donbass nel 2016 - Conflitto in Donbass
Vittime civili in Donbass nel 2016

La mappa delle vittime civili nel 2016 mostra la linea di confine tra la parte del Donbass controllata da Kiev e quella delle repubbliche “indipendentiste”.

Come si vede, i civili (tra cui bambini) muoiono sia nelle zone controllate da Kiev che nelle zone controllate dalle repubbliche. Dunque non sono esclusivamente vittime delle forze governative.

Ho scritto “prevalentemente” perché sebbene i bombardamenti  fossero una delle cause delle uccisioni di civili non erano la sola: molti incidenti avvenivano a causa delle mine dell’una o dell’altra fazione soprattutto lungo la linea del confine. Infatti, nel 2016 il numero totale delle vittime causate dalle mine fu più alto di quello delle vittime di bombardamenti.

La morte anche di un solo bambino è una di troppo, ma se si parla di “massacri di bambini” è doveroso verificare il numero di vittime. Inoltre, bisogna comprendere se le uccisioni fossero imputabili a una fazione piuttosto che l’altra. 

I dati

Osserviamo questa tabella dei morti civili in Donbass nel 2016. I bambini morti a causa del conflitto furono 6 (non 600 e nemmeno 60, furono 6).

4 di essi morirono a causa delle mine, altri 2 per altri incidenti dipendenti dalla guerra.

Cause della morte o del  ferimenti di civili in Dombass -  2016
Conflitto in Donbass
Cause della morte o del ferimenti di civili in Dombass – 2016

Un rapporto dell’ONU del gennaio 2022 stabiliva che durante l’intero periodo del conflitto, dal 14 aprile 2014 al 31 dicembre 2021, l’OHCHR aveva registrato un totale di 3.106 morti civili legate al conflitto (1.852 uomini, 1.072 donne, 102 ragazzi, 50 ragazze e 30 adulti il cui sesso è sconosciuto). Tenendo conto dei 298 morti a bordo del volo Malaysian Airlines MH17 il 17 luglio 2014, il bilancio totale delle vittime del conflitto tra i civili aveva raggiunto almeno 3.404. 

Dunque, il totale dei bambini vittime di 8 anni di conflitto è stato di 152.

Lo stesso rapporto indica che dei 152 bambini morti in Donbass tra il 2014 e il 2021, 42 erano morti a causa di mine.

Per quanto riguarda lo sminamento, l’operazione fu spesso limitata nelle zone controllate dai gruppi armati separatisti che negavano l’accesso. Pressoché tutti i rapporti OSCE che ho visionato lamentano questa situazione.

Un rapporto OSCE del 2016:

Accessi negati:

  • Membri armati del “DPR” a un posto di blocco nelle vicinanze di Kominternove (23 km a nord-est di Mariupol) hanno fermato l’SMM e ne hanno negato l’accesso, adducendo motivi di sicurezza dovuti alla presunta attività di cecchini nell’area.
  • Un membro del “DPR”, che si è presentato come il “comandante del posto di blocco”, all’ingresso ovest di Kominternove ha fermato l’SMM e negato l’accesso riferendosi agli ordini ricevuti dal suo superiore.
  • A un posto di blocco a Zaichenko (25 km a nord-est di Mariupol, 4 km a est di Kominternove), cinque membri del “DPR” hanno negato l’accesso a Kominternove all’SMM.
  • A Sverdlovsk controllata da “LPR” la SMM è stata scortata da due uomini armati senza procedere verso Chervonopartyzansk (64 km a sud-est di Luhansk) e il valico di frontiera controllata da “LPR”. Hanno citato come motivo una presunta operazione antiterroristica / contrabbando in corso e gruppi diversivi operanti nell’area.

Nello stesso anno, anche l’ONU lamenta di non avere accesso. Il sottosegretario generale per i diritti umani Ivan Šimonović riporta

“Durante la mia missione a Donetsk, ho esortato i rappresentanti dell’autoproclamata ‘Repubblica popolare di Donetsk’ a consentire l’accesso agli attori umanitari e a smettere di privare la popolazione dell’assistenza umanitaria”.

Restrizioni agli SMM dell'OSCE - Conflitto in Donbass
Restrizioni agli SMM dell’OSCE – 2016

Sempre nel 2016, l’80% delle restrizioni di movimento ai monitor internazionali apparteneva alle due repubbliche “indipendentiste”. La conseguenza era che nell’80% dei casi, l’OSCE era impossibilitata a supervisionare il disarmo, la rimozione di mine, investigare sparizioni e deportazioni, violazioni di diritti umani e in generale le condizioni della popolazione, nelle aree prorusse.

Come vediamo, tra il 2019 e il 2020, la situazione era peggiorata:

Restrizioni 2019 2020 - Conflitto in Donbass
Restrizioni agli SMM tra il 2019 e il 2020

In conclusione, sebbene Kiev fosse responsabile della morte di alcuni bambini, altrettanto lo erano i gruppi armati delle autoproclamate repubbliche.

Dunque, affermare “gli ucraini massacravano i bambini del Donbass”, è mistificatorio. 

Mito 6: I nazisti ucraini torturavano e uccidevano i civili

Anche in questo caso, occorre un chiarimento iniziale. Di nazisti ce n’erano tanti in Donbass, ma non erano tutti ucraini. Infatti se l’Ucraina combatteva in Donbass con alcuni battaglioni con elementi nazisti, i gruppi armati delle repubbliche di Donetsk e Lugansk erano quasi esclusivamente composti da gruppi ultranazionalisti russi. 

Uno studio del  2016, dell’IFRI (redatto dallo storico russo Vyacheslav Likhachev) analizzando i gruppi nazisti ucraini e russi impegnati nel Donbass aveva concluso che nel 2014 nel Donbass i gruppi neonazisti russi avevano cooperato strettamente con i servizi segreti russi ed erano stati usati per innescare il conflitto (cosa confermata anche da Igor Girkin e Marat Gabidullin).

Lo studio concludeva che l’importanza e la rilevanza del neonazismo ucraino nel conflitto del Donbass era sempre stata esagerata. Al contrario di quanto spesso sostenuto, il conflitto in Donbass aveva progressivamente emarginato i gruppi che avevano avuto una loro breve stagione di consensi durante l’Euromaidan.

Questo studio trova conferma anche in tutti i rapporti sul Donbass delle varie organizzazioni umanitarie di cui ho preso visione. 

Certo, le violazioni di diritti umani avvenivano in Donbass, ma come per quanto analizzato in precedenza, non erano una prerogativa degli ucraini.

Nel 2015, per esempio, Amnesty International riportava:

Storie di torture e maltrattamenti di prigionieri detenuti da entrambe le parti in relazione al conflitto nell’Ucraina orientale sono non solo scioccanti, ma fin troppo comuni.

Amnesty International ha intervistato 33 ex prigionieri per questo documento informativo, 17 dei quali erano stati trattenuti da separatisti e 16 da forze armate e di polizia filo-Kiev, compreso il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (SBU). Tutti tranne uno hanno descritto gravi percosse o altri gravi abusi, in particolare durante i primi giorni di prigionia.

L’ONU nel 2016 lamentava di  sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, torture e maltrattamenti sia nei territori controllati dai gruppi armati che nei territori controllati dal governo.

In conclusione, dire che “i nazisti ucraini torturavano e uccidevano i civili” è manipolatorio. Si trattava di un conflitto dove elementi nazisti erano presenti in entrambi i fronti e le vittime di tortura appartenevano a entrambe le fazioni ed erano nella stragrande maggioranza combattenti oppure affiliati alle forze in campo.