La retromarcia sull’abolizione dell’aliquota sui redditi elevati ha temporaneamente placato i mercati finanziari e scongiurato una rivolta interna che avrebbe potuto portare alla sfiducia del Primo Ministro britannico Liz Truss a sole 4 settimane dall’elezione. Piuttosto che cercare di mitigare lo scontento, la Truss ha deciso invece di gettare acqua sul fuoco inventandosi un nemico: l’anti-growth coalition (la “coalizione anti-crescita”).
Chi farebbe parte di questa fantomatica cabala che pare riunirsi negli scantinati per tramare contro il benessere della nazione?
Sono anti-crescita i Tories che non intendono votare le sue proposte; lo sono i laburisti, i LibDem, l’SNP e in generale qualsiasi partito di opposizione; lo sono anche anche i sindacati che chiedono un adeguamento degli stipendi all’inflazione, gli ambientalisti che si oppongono alla deregolamentazione che ora lascia libere le compagnie di scaricare qualsiasi sostanza nei fiumi e nel mare; gli avvocati che si battono contro la deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda; la Corte Europea dei Diritti Umani che da ragione agli avvocati; la UE che si oppone alla violazione del protocollo sull’Irlanda del Nord, i media e le persone sui social che la criticano. In sostanza, membro della cabala “anti-crescita” è chiunque non condivida il progetto di deregolamentazione del governo, ovvero quel 80% di britannici che (stando agli ultimi dati) non intendono votare conservatore alle prossime elezioni.
In breve, la Truss si comporta come se godesse di un potere assoluto datole da un largo consenso, quando in realtà è stata insediata da estremisti del partito contro il volere della maggior parte dei parlamentari conservatori.
Alle elezioni del 2019, Johnson aveva ottenuto una maggioranza di 80 seggi, ma quali sono oggi i numeri della Truss?
I seggi di maggioranza che ha ereditato sono 71 e non 80 (9 sono stati persi dai conservatori alle by-elections tenutesi a maggio 2022). Parrebbe un margine ancora solido, ma è solo un numero teorico. A causa dell’opposizione interna, infatti, la Truss pare non avere più alcuna maggioranza. “La mia ipotesi è che abbia già perso metà di coloro che l’hanno votata nell’ultimo round”, afferma un ex ministro Tory. “Quindi, nella migliore delle ipotesi, ha solo il sostegno di un sesto del partito parlamentare”.
Di buono c’è che non ha i numeri per implementare le sue politiche ultra liberiste invise alla maggioranza dei britannici. Meno buona invece è l’attuale ingovernabilità del Paese.
La sua rimozione da parte dei conservatori appare ormai inevitabile e potremo aspettarci intrighi febbrili alla riapertura del parlamento. I tempi e le modalità saranno però dettati dall’assenza di coesione sul “dopo Truss”. È un partito allo sbando, disunito che non sa più come giustificare il non indirre nuove elezioni ma che teme di essere spazzato via dall’elettorato. Ne consegue il pericolo di un susseguirsi di Primi Ministri con scarso supporto e di scarsa durata, messi lì solo per guadagnare tempo. Impensabile (e non auspicabile) che questo possa andare avanti fino a fino alla scadenza della legislatura a gennaio 2025.
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