La grande menzogna – La strategia di comunicazione di Trump

Tempo fa avevo scritto di come il complottismo possa essere utilizzato per radicalizzare gli individui e manipolarli a scopo sovversivo.

Un grande esempio in anni recenti è quello della “Big Lie”, la “grande menzogna”, ovvero la strategia usata da Trump nel denunciare i brogli elettorali, fino all’assalto a Capitol Hill, il 6 gennaio 2021.

Cosa distingue una preoccupazione legittima verso la regolarità di un’elezione e quella di Trump? Due punti su tutti:

  • La modalità
  • L’obiettivo

La proccupazione onesta utilizza i canali istituzionali e si muove nel rispetto e nella fiducia in essi; Trump si muoveva all’esterno e mirava a screditare le istituzioni.

Per quanto riguarda l’obiettivo, la preoccupazione legittima comunica con il pubblico solo quando necessario e lo fa a scopo informativo, positivo e propositivo; Trump twittava 20-30 volte al giorno per istigare un senso di rabbia in chi lo leggeva.

I politici sono al servizio del pubblico e non il contrario. Quando un politico comincia a lavorare sull’emotività del pubblico per uno scopo, la democrazia è in pericolo perché quel politico invece di asservire chi lo ha eletto se ne serve.

La comunicazione di Trump mirava a creare:

  • l’idea di un complotto, minando la fiducia degli elettori nei mezzi di comunicazione (i “fake media”, come per anni li aveva chiamati) e nelle elezioni (“rigged”)
  • la radicalizzazione dei supporter, che avendo perso la fiducia nei mezzi di comunicazione ufficiali e nelle istituzioni credevano solo al loro leader
  • la spinta alla sovversione, culminata nell’assalto a Capitol Hill

Come far sì che il pubblico credesse alla grande menzogna? Occorreva aver seminato l’idea, così che il seme avesse già messo radici nel subconscio collettivo.

Ma perché Trump aveva bisogno di seminare quell’idea? Cosa gli faceva credere che avrebbe perso le elezioni?

In realtà lo sapeva fin dal 2019, altrimenti non avrebbe cercato di corrompere il neoeletto presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky.

Il tentativo di estorsione contro Zelensky

Il 25 luglio 2019, nel corso di una telefonata, Trump chiese a Zelensky, di lavorare con Rudy Giuliani e il procuratore generale degli Stati Uniti William Barr per indagare sull’ex vicepresidente Joe Biden e suo figlio Hunter in cambio di  250 milioni di dollari di aiuti militari all’Ucraina.

Un articolo del Washington Montly del novembre 2019, riporta di un Trump furioso dell’elezione di Zelensky in quanto la sua elezione ostacolava l’accordo che Trump e Giuliani avevano con Poroshenko di trovargli del marcio sui Biden. L’impegno di Zelensky, nel porre fine alla corruzione in Ucraina, contrastava con la volontà di Trump di sfruttare quella stessa corruzione per assicurarsi il secondo mandato.

Quando la registrazione della telefonata emerse, ci fu il primo impeachment contro Trump (“Ukrainegate”), accusato di aver tentato di corrompere un capo di governo in cambio d’informazioni che screditassero il suo oppositore alle elezioni. L’impeachment fu votato in congresso ma bocciato poi al senato (dove i repubblicani avevano la maggioranza).

Elezioni in salita

Siamo ora nei primi mesi del 2020, anche se l’impeachment non è stato confermato dal senato e Trump può ancora candidarsi, il suo tentativo di screditare Biden è fallito. Ha uno svantaggio del 12%. Le prospettive di un secondo mandato sono magre. 

All’inizio di Aprile 2020, Trump comincia a esprimere contrarietà verso il voto postale, affermando che schede elettorali fraudolente contamineranno le elezioni. “Penso che molte persone barano con il voto per corrispondenza. Il voto postale è una cosa terribile.”

L’11 aprile 2020 twitta:

Tweet 11 Aprile

Notare bene, mancano ancora 7 mesi alle elezioni. Trump comincia a “seminare” l’idea che il voto postale è pericoloso, che accresce il rischio di frodi elettorali. L’uso delle maiuscole e il punto esclamativo hanno l’esplicita intenzione di raggiungere emotivamente il pubblico e creare inquietudine.

Da quel momento in poi, i suoi tweet sulle possibili frodi elettorali si susseguono.

Bisogna ricordare che siamo ancora  in piena emergenza Covid e in merito al virus, democratici e repubblicani sono spaccati: gli elettori democratici sono favorevoli alle restrizioni e alla cautela nel frequentare luoghi pubblici; mentre gran parte dei repubblicani nega che il virus esista. In sostanza, si sa che saranno prevalentemente i democratici a usare il voto postale, mentre i repubblicani voteranno di persona

Trump non solo spinge per assicurarsi che i suoi elettori non votino per posta, ma molti mesi prima comincia a screditare il voto postale.

La strategia appare piuttosto ovvia fin dall’inizio, tanto che numerose testate americane cominciano a pubblicare articoli per confutare i tweet di Trump e cercare di disinnescare quella che si preannuncia come una bomba a orologeria.

Maggio - articolo

“Le elezioni più corrotte della storia”

Arrivati al 24 maggio, 6 mesi prima delle elezioni, Trump passa all’informazione successiva. Se ad aprile annunciava che ci sarebbe stato il “rischio” di frodi elettorali, alla fine di maggio le elezioni “saranno le più corrotte della storia”. Dalla possibilità passiamo a una certezza.

le più corrotte della storia

Trump sa che a causa del Covid, il voto postale è necessario, ma d’altra parte è oltre un anno che ignora o sminuisce il virus. Il suo obiettivo non è impedire il voto postale, piuttosto delegittimare i voti postali. A questo punto entra anche nei dettagli e crea immagini per il subconscio collettivo: persone che stampano schede false, falsificano firme e votano per altri.

Come tutti i complottismi, l’obiettivo è generare sfiducia nelle istituzioni, affollare l’immaginario di nemici, forze e poteri occulti; trasformare la realtà in un luogo angosciante. Chi sta male è più facile da manipolare.

Mancano 6 mesi alle elezioni ma i supporter di Trump già vivono iun una realtà in cui le elezioni “saranno le più corrotte della storia”.

Zero

Radicalizzazione

Siamo ora a fine luglio, da quattro mesi gli elettori di Trump vengono bombardati di tweet. Ormai sono convinti che se il voto postale verrà consentito, sarà la fine della democrazia. L’eroismo di Trump nell’opporsi al crimine è la loro unica speranza.

I social diventano campi di battaglia. Le teorie cospiratorie si moltiplicano. Democratici e MAGA cessano di avere un linguaggio comune, infatti non condividono più neanche la stessa realtà. Allontanati da Trump dai “Fake media”, la loro fonte d’informazione restano i canali televisivi Fox e Newsmax o OANN che fanno da megafono alla realtà complottista creata da Trump.

È  a questo punto che la comunicazione acquista intensità, diventa più articolata; vengono persino nominati i futuri responsabili: sarà il governatore della California che architetterà la frode, sarà quello del Michigan ecc.

30 luglio

Trump prospetta di far ritardare le elezioni. Gioca sull’orgoglio nazionale: “sarà un grande imbarazzo per gli USA.” Questo va perfettamente in sintonia con l’idea che i soli patrioti sono i MAGA, mentre i democratici sono traditori della nazione.

Indesiderate

Ad agosto cominciano ad apparire i numeri. Trump parla di “80 milioni di schede elettorali indesiderate”.

Il linguaggio è fondamentale.

Si sa già che circa metà dell’elettorato voterà per posta e saranno gli elettori democratici. Trump parla di “schede indesiderate”. Il termine scelto opera sulla psiche collettiva creando associazioni: voto postale – indesiderato – fraudolento = i voti democratici sono indesiderati e fraudolenti.  

La più grande frode di tutti i tempi

La più grande frode di tutti i tempi

Il 10 settembre, dal palco della Casa Bianca, Trump dichiara che le elezioni saranno legittime solo se vincerà. In caso contrario, saranno la più grande frode di tutti i tempi.

Mancano 2 mesi alle elezioni. Da 5, Trump twitta incessantemente per creare sfiducia nel sistema elettorale. Ora si fa portavoce di una verità imprescindibile: lui non può perdere: la sconfitta è impossibile, dunque se il risultato sarà diverso, sarà illegale.

Per anni, Trump ha abituato l’audience alle sue dichiarazioni fuori dagli schemi, ma questa così palesemente antidemocratica fa suonare parecchi campanelli di allarme: primo perché milioni di americani sono ormai convinti che le elezioni saranno fraudolente e non saranno disposti ad accettare un’eventuale sconfitta di Trump;  secondo perché ci si comincia a chiedere se Trump stesso sarà disposto ad accettare un’eventuale sconfitta.

A fine settembre, l’editorialista Barton Gellman pubblicava sull’Atlantic un pezzo intitolato:  THE ELECTION THAT COULD BREAK AMERICA. Le elezioni che potrebbero spaccare l’America.

THE ELECTION THAT COULD BREAK AMERICA

“Se lo scarto è minimo – si chiede GellmanDonald Trump potrebbe facilmente far degenerare le elezioni nel caos e sovvertire il risultato. Chi potrebbe fermermarlo?”

L’articolo di Gellman è illuminante. Già due mesi prima delle elezioni presagisce lo scenario che si sarebbe poi verificato e mette in luce le debolezze del sistema: esiste un lungo processo di transizione che va dalle elezioni all’inizio di novembre, fino all’insediamento il 20 gennaio. Sono due mesi e mezzo in cui può succedere di tutto.

“Non creiamoci illusioni. Che vinca o perda Donald Trump non concederà mai. In nessuna circostanza. Né durante il periodo di transizione, né dopo. Se alla fine sarà costretto a lasciare il suo ufficio, Trump insisterà dall’esilio, fintanto che avrà fiato, che le lezioni erano truccate.”

Il 23 settembre, Trump comincia a giocare la carta della Corte Suprema. Dei 9 giudici, 6 sono repubblicani (3 li ha appuntati lui). 

Mancano 6 settimane alle elezioni. Appurato che se perderà “sarà certamente SOLO per via di frodi elettorali”, comincia a promuovere l’idea di far decidere la Corte Suprema per far ribaltare il voto elettorale in suo favore (infatti, dopo le elezioni, tra novembre e dicembre, si appellerà 60 volte alle corti degli stati e le corti federali cercando l’iter per far arrivare almeno una causa alla Corte Suprema ma fallirà).

Corte Suprema

Il conteggio

Perché Trump aveva lavorato per 7 mesi nel convincere il suo elettorato che il voto postale sarebbe stato fraudolento?

Sappiamo già che il voto postale sarebbe stato in larga parte per Biden, ma non era il solo motivo. La tempistica era fondamentale. Negli USA infatti si contano prima i voti di persona e solo successivamente i voti postali.

Grazie alla spaccatura tra voti di persona repubblicani e voti postali democratici, questo modo di contare le schede avrebbe invevitabilmente creato l’iniziale falsa impressione di una vittoria epocale di Trump.

3 novembre

Nel corso della notte tra il 3 e il 4 novembre, prima di presentarsi dichiarando di aver vinto le elezioni, Trump preparava già il terreno. Per mesi aveva martellato sul “pericolo dei voti postali”, che saranno certamente indesiderati e fraudolenti, ora muove il passo successivo: sono illegittimi. Non solo, ma afferma “non si può votare dopo che le urne sono chiuse”! Creando la falsa impressione che i voti postali siano in qualche modo creati dal nulla e le schede compilate da qualcuno dopo che le urne sono chiuse.

Ombra sulla nazione

Trump sa che i voti postali sono legittimi, sa anche che alcuni perverranno anche 2-3 giorni dopo le elezioni, visto che fa fede il timbro postale, ma non gli interessa. La verità è secondaria alla percezione che vuole creare, una in cui le elezioni sono una truffa, lui è vincitore e vittima, mentre i democratici rappresentano il male assoluto.

Molto strano

Come molti avevano messo in guardia, Trump si dichiara prematuramente vincitore anche se il conteggio negli stati chiave è ancora in corso e lui è in svantaggio. È una mossa che genera confusione e agisce emotivamente sul pubblico.

I voti “scompaiono magicamente” mentre altre montagne di schede vengono “stranamente” scaricate nei centri di raccolta. Si tratta di legittimi voti postali, ma la verità non importa. Ora 70 milioni di americani sono convinti che le elezioni sono state rubate.

Conspiracy

Dominion

Compaiono numerose teorie cospiratorie: ora sono Renzi e Obama che hanno tramato per far vincere Biden; ora è Chavez dall’oltretomba; ora è il sistema computerizzato Dominion. I tweet (sempre nell’ordine delle decine al giorno) contengono numeri che non hanno alcun riscontro con la realtà. 

Quelle cifre non esistono, se non nell’immaginario di Trump, ma la gente ci crede: sono stati “cancellati” 2 milioni e settecentomila voti per Trump. “Analisi dei dati dimostrano che 221.000 voti della Pennsylvania sono stati spostati da Trump a Biden.” Quali analisi di quali dati non è dato saperlo, ma le fonti e la loro credibilità non servono, bastano il grido, l’oltraggio e cifre che catturino l’immaginario. Trump lavora a livello esclusivamente emotivo. 

3 tweets

Di tweet in tweet, mentre i suoi avvocati tempestano le corti di cause (ne perderà 60) e richieste di riconteggi, le elezioni diventano addirittura “incostituzionali” e non si salva nessuno. I governatori repubblicani che osano sostenere che le elezioni non sono state fraudolente, sono dei traditori da meritare la pubblica gogna, sono RINO (repubblicani solo di nome).

Fake media

Il martellamento mediatico incessante prosegue per tutto novembre. L’oltraggio è reiterato, urlato: le elezioni sono corrotte, i media sono falsi.

Viene lanciato il gruppo “Stop the Steal!” (Fermate il furto). Sulla piattaforma Parler non viene risparmiato neanche il Papa “marxista”.

Sovversione

Ai tweet di Trump fanno eco ora quelli di altri senatori e deputati repubblicani, di MAGA, di gruppi di estrema destra. Tutti i social media vengono inondati di teorie e fantomatiche prove, filmati, testimonianze. In mezzo c’è di tutto: ci sono quelli che deliberatamente nutrono la grande menzogna e coloro che la diffondono in buona fede.

100% rigged

Ricordiamo che milioni di americani guardano solo determinati canali televisivi e leggono solo determinati giornali: tutto il resto è falso, è parte del complotto. Isolati nella bolla della realtà creata da Trump e di chi lo sostiene, in questa campagna d’illusione collettiva, milioni di persone sono intrappolate in un universo parallelo.

Ogni giorno si annuncia l’arrivo imminente di documenti che mostreranno in modo inequivocabile la frode e di rivelazioni che faranno cadere per sempre la rete di pedofili comandata da Soros (che è dietro ad ogni male del liberalismo). Il Grande Risveglio descritto dal russo Dugin, teoretico delle politiche espansioniste di Putin, sarà l’arrivo di quelle prove e il trionfo di Trump.

navarro

Il 19 dicembre annuncia il rally a Washington DC per il 6 gennaio. Sarà “selvaggio”.

In un precedente articolo, basato sul lavoro della commissione investigativa sull’assalto a Capitol Hill, ho descritto come quel tweet rappresentò una vera e propria chiamata alle armi. 

Tra la fine di dicembre fino al 6 gennaio, su molte piattaforme, compaiono messaggi inquietanti: decine. Al principio sembrano esternazioni di pochi scalmanati, ma nel crescendo l’uso del linguaggio violento da parte di molti utenti diventa norma: chiamata alle armi, guerra civile, esecuzioni di massa. Emergono dettagli precisi sull’insurrezione che avverrà poi il 6 gennaio. Avviene alla luce del sole. Visibile a tutti.

Chiunque seguiva gli avvenimenti sui social in quei giorni sapeva che la linea tra la violenza verbale social e quella reale asarebbe stata oltrepassata il 6 gennaio. Trump aveva lavorato sulla psiche collettiva per 7 mesi al fine di creare le condizione che rendessero quel passaggio possibile.

Il resto lo conosciamo.

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