Sembrava inclusione, invece era Pol Pot

A scanso di equivoci, chiariamo che diversità, inclusione ed equità (DEI) sono concetti sacrosanti e che averne fatto dei fondamenti delle nostre società liberali e democratiche rappresenti progresso. Al di là di principi sui quali si può tutti essere d’accordo però esistono altri fattori che bisogna considerare: per esempio, quali sono gli ostacoli da superare e come rendere i principi attuabili.

Il fine che si prefigge il DEI è di creare una società diversificata, concretamente inclusiva ed equa, ovvero un paese dove ciascun individuo, indipendentemente dal sesso, dalla razza o estrazione economica goda degli stessi dirirtti e abbia eguali vie di accesso, così che esista un’equa rappresentazione nelle università, nel mondo del lavoro, nelle istituzioni ecc. 

Sulle problematiche da risolvere per raggiungere quell’obiettivo avviene la frattura interpretativa. Facciamo un esempio pratico. Se nella compagnia “Y” la dirigenza è interamente composta da uomini bianchi provenienti dall’alta borghesia, in un paese dove il 50% sono donne, il 60% di ceto medio e il 10% di colore, è chiaro che siamo davanti ad una situazione dove plausibilmente sono state operate scelte a senso unico oppure si tratta di posizioni dove altre categorie difficilmente trovano spazio. Le cause possono essere di varia natura: storica, culturale, consuetudinaria, economica, oppure dovute al razzismo o al sessismo. Dall’interpretazione delle cause dipendono le modalità d’intervento. 

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