Da anni ormai vivo intrappolata nel paradosso della scrittura: quello che vede questa dea bizzosa, esigente e impossibile imporsi richiedendo la totalità del tempo, delle energie e della messa a fuoco pur rifiutando la propria commercializzazione.
Quando discutiamo, mentre mi dimeno nella gabbia in cui mi ha costretta, i nostri argomenti sono entrambi solidi. Ma sono inevitabilmente io quella che sbatte la testa contro il muro dell’impossibilità di sottostare ai suoi capricci senza divenire un’assoluta incosciente.
La scrittura è un’idealista.
Si nutre della realtà e la rielabora attraverso concetti, riflessioni ed emozioni che riconsegna nuovamente alla realtà distillati in una storia.
Io mi nutro di cose più terra terra come pasta, carne frutta e verdura che nessuno mi dà gratis.
La scrittura è una parassita.
Esiste al solo scopo di trasformare le carcasse dell’anima: il sofferto, l’inespresso, l’incomprensibile e l’inaccessibile. Senza la scrittura sarebbero solo escrementi, ma lei sa come decomporli per farne il fertilizzante dell’esistenza.
Per quanto edificante il concetto, provate a dire al vostro capo che il vostro rendimento a lavoro è limitato dal fatto che la vostra anima in quel momento è divorata da larve così che possa rigenerarsi e nutrire le anime altrui di cose più elevate di un budget.
La scrittura è totalitaria.
Lei non chiede, ordina; non consiglia, sancisce; non si accontenta di stare nel gruppo, richiede un’attenzione totale ed esclusiva; non parla, fa comizi. Se rifiuti di dedicarle la totalità di te stesso e del tuo tempo, ti tortura fino a che non cedi. La sua esistenza dipende dalla violenza con cui si impone.
È una cosa conosciuta come necessità, ma – intendiamoci – qualunque cosa la sognatrice scrittura vi dica, non c’è nulla di edificante nel concetto. Di solito le necessità sono quelle che ci fanno correre al gabinetto.
La scrittura è una sirena.
Ti ammalia con un canto che sa catturare la bellezza e ti abbraccia mentre danza al passo della poesia delle parole. La scrittura ti trascina al fondo di un oceano mostrandoti mondi che credevi inimmaginabili.
È al fondo di quell’oceano, la mia cella.
“Se rifiuti di dedicarle la totalità di te stesso e del tuo tempo, ti tortura fino a che non cedi.“
Concordo con te al 100%. E lo fa, oltretutto, nei momenti meno opportuni, tipo alle 3 di notte quando il giorno dopo devi alzarti alle 6e30 e stare in giro fino a sera per lavoro.
Dispotica e testarda, ma non potrei vivere senza. 🙂
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