Da Donetsk alla strage di Odessa (2014) – Parte Seconda

Nella prima parte di questo articolo, ho descritto come la dichiarazione d’indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk non fosse stato il frutto di una rivolta popolare delle persone di etnia russa contro la discriminazione del governo “nazista” di Kiev, ma si trattò di un’operazione ordinata e coordinata da Mosca.

Ma la Crimea e il Donbas non erano le sole mire russe. In quel periodo, i paramilitari arrivati dalla Russia e gli agitatori erano attivi in molte città dell’Ucraina dove avevano occupato le amministrazioni locali, come a Kramatorsk, Sloviansk e Mariupol.

Se osserviamo le zone correntemente sotto attacco (o già occupate dall’esercito russo), non è difficile rinvenire una linea di continuità tra l’invasione del 24 febbraio 2022 e gli avvenimenti della primavera del 2014. Non possiamo che concludere che il tentativo di sottrarre il sud est dell’Ucraina a Kiev fosse stato tentato già otto anni fa, anche se con metodologie diverse: attraverso l’istigazione di rivolte popolari, occupazioni di sedi amministrative, dichiarazioni d’indipendenza, falsi referendum e soppressione dell’opposizione.  

Odessa anche rientrava negli obiettivi ma il tentativo di farne una nuova Crimea o un nuovo Donbas fallì.

La strage di Odessa, avvenuta il 2 maggio del 2014, è una delle pagine più controverse della storia di questi ultimi anni perché tanto si è scritto e speculato. Come per gli eventi del Donbas, mi sono trovata davanti ad una giungla di materiale incompleto, refrattario a includere fatti accertati se non collimavano con la narrativa. Anche in questo caso sono voluta partire da alcuni thread ricercando la veridicità delle testimonianze attraverso fonti ufficiali e fatti accertati. 

Un tweet che mi colpì riportava la foto di miliziani e di agitatori filorussi armati che sparano sulla folla in presenza della polizia. 

Si trattava di un lungo thread in cui l’autore (Oleksii) dichiarava di essere stato testimone agli eventi. Dopo averlo contattato mi ha inviato un resoconto più ampio  che pubblicherò in post separato in seguito. Per il momento, mi limito alla traduzione di alcune parti del thread originale.

Il thread originale:

Già prima dell’inizio della guerra nel Donbas, vicino alla Casa del Sindacato, si era insediata una tendopoli Anti-Maidan. Lì si erano riuniti tutti i filo-russi, che esortavano Putin a inviare truppe.

Ad aprile, la situazione era degenerata nelle regioni di Donetsk e Lugansk, dove erano iniziati movimenti di milizie. A quel punto, avevamo iniziato a capire di essere sull’orlo del baratro. A Donetsk, i raduni filo-ucraini venivano repressi e i manifestanti erano duramente picchiati. La polizia assiteva in silenzio.

Poiché i sequestri degli edifici amministrativi di Donetsk/Lugansk erano avvenuti con il tacito consenso della polizia, non c’era più fiducia nel ministero degli Affari interni. La sicurezza era ricaduta sulle spalle degli attivisti locali e di alcuni fedeli funzionari. La situazione degenerava di giorno in giorno in giorno.

L’autodifesa del Maidan tenne negoziati con l’autodifesa popolare dell’Anti-Maidan. Si arrivò al cosiddetto “trattato di pace” – ovvero l’accordo di un raduno, ma senza violenza e senza tentativi di sequestro di edifici. Gli attivisti di Maidan erano in servizio ogni giorno vicino agli edifici amministrativi, da soli.

Il 2 maggio era prevista una marcia di unità nazionale. Tutte le forze locali filo-ucraine e gli ultras di Kharkiv si erano riuniti per quel motivo. La marcia avrebbe dovuto passare lungo Preobrazhenskaya. La polizia era lì e stava con gli scudi.

Gli anti-maidanisti bloccarono la strada per la marcia. All’inizio iniziarono a lanciare pietre e bottiglie. Poi passarono agli scontri corpo a corpo. In seguito si passò alle armi. Il primo a essere colpito fu l’attivista ucraino Igor Ivanov. Una targa alla sua memoria è appesa a quell’angolo di Preobrazhenskaya / Deribasovskaya.

Gli anti-maidanisti cominciarono a sparare apertamente alla folla. Ne seguì il caos. Non descriverò l’anarchia che seguì. La polizia non solo non separò nessuno, ma protesse l’anti-Maidan.

Gli attivisti filoucraini (riconoscibili dal bracciale rosso)  a quel punto passarono al contrattacco e i tiratori si ritirarono nel centro commerciale di Atene in Piazza Greca e si barricarono lì, lanciando granate.

Dopo tutti i morti e i feriti, la pazienza delle persone era esaurita. Non ricordo cosa sia successo a quelli che si erano barricati nel centro commerciale Atene. Ma la folla si riunì a Preobrazhenskaya e si trasferì al campo di Kulikovo per cacciare la serpe che aveva portato la guerra in casa nostra…

C’erano ancora persone sul campo di Kulikovo. Alcuni iniziarono subito a lanciarci sassi, altri erano confusi e non capivano davvero cosa stesse succedendo. I leader correvano con loro. La gente aveva iniziato a tirare giù le tende. Ho visto maschere antigas in giro e mi parve strano.

Gli fu detto di andarsene. Invece i loro leader li portarono alla casa dei sindacati… avrebbero potuto portare via la loro gente, invece li condussero in una trappola che, per quanto mi riguarda, funzionò in modo troppo sospetto… Il capo della polizia di Odessa, Fuchedzhi, fuggì dal Paese subito dopo questi eventi.

Un articolo di The Guardian del 2 maggio 2014 riporta una versione analoga a quella descritta, aggiungendo anche che:

Paramedici sul posto sostengono di aver visto combattenti filo-russi che sparavano dal tetto. All’arrivo dei vigili del fuoco e delle ambulanze, almeno cinque corpi con ferite da arma da fuoco giacevano sul terreno coperto da bandiere dell’Ucraina.

Tra le file dei promaidan vi erano anche membri appartenenti ai gruppi filonazisti Pravyj Sektor (Settore Destro) e Svoboda, ma fu, la strage di Odessa, un piano degli ultranazionalisti ucraini? Aveva la casa dei sindacati un valore simbolico come “attacco ai sindacalisti” perpetrato dall’estrema destra contro la sinistra?

Le fonti che ho analizzato che sostengono la tesi di Settore Destro e Svoboda come falangi usate dall’amministrazione per creare un “successo” per i nazionalisti ucraini, presentano molte lacune, ovvero tralasciano gli elementi in dissonanza con la tesi. Propongono narrazioni interpretative di fatti non accertati e non fanno menzione di fatti invece accertati.

Per chiarire cosa intendo cercherò di procedere elencando tutto ciò che si sa vero e che non può lasciare adito ad interpretazioni, in quanto frutto d’indagini ufficiali, verifiche e supportato da materiale fotografico e video di cui allegherò i link.

I fatti accertati:

  • Gli anti-Maidan deviarono dal percorso assegnato loro e si riversarono verso i pro-Maidan dai quali era stato stabilito dovevano restare lontani. (filmato – 21:00)

Il vice comandante della polizia Fuchedzhi scorta gli anti-maidan
L’uomo con il casco e la fascia rossa sulla sinistra allarga le braccia, blocca il corteo e lo fa deviare
Gli anti-maidan deviano dal percorso
  • Una volta raggiunti i pro-Maidan alcuni filorussi armati cominciarono a sparare contro i filoucraini.
  • Il capo della polizia di Odessa, Fuchedzhi, riconobbe Budko nascosto in un’ambulanza e invitò l’ambulanza a partire e lasciare la scena. Entrambi fuggirono subito dopo gli eventi.
  • L’assassinio di Igor Ivanov causò l’escalation dei disordini.

Come vediamo, i punti da 1 a 5 (fatti accertati) escludono che gli eventi di Odessa potessero essere un piano studiato a tavolino da falange neonaziste ucraine. Infatti non avevano alcun controllo sulla decisione degli anti-Maiden di deviare il percorso e attaccare i pro-Maiden. Quanto a Budko, apparteneva ai filorussi, e sparò dal loro lato contro un pro-Maiden e (come mostrano i filmati) pur essendo circondato da poliziotti non solo non fu fermato ma fu aiutato a fuggire. In conclusione, i fatti dimostrano che i disordini erano stati pianificati dai filorussi con il supporto delle forze dell’ordine. Questa fu anche la conclusione dell’inchiesta del Comitato 2 maggio di cui facevano parte membri delle due fazioni.

Vediamo gli altri fatti accertati (da testimonianze degli attivisti del campo di Kulikivo 35.00):

  • Gli anti-Maidan al campo Kulikovo furono avvertiti che la folla si stava dirigendo verso di loro
  • Alcuni sgombrarono il campo di Kulikovo
  • La folla raggiunse il campo Kulikovo
  • Gli anti-Maidan rimasti al campo forzarono la porta della casa del sindacato e si rifugiarono all’interno bloccando la porta con della mobilia.
  •  La polizia era schierata all’esterno con l’ordine di non intervenire
  •  Dal tetto qualcuno lanciò molotov. Altri spararono dalle finestre contro la folla.
La foto è stata scattata da Oleskii prima che l’incendio divampasse all’interno.
  • La folla all’esterno rispose lanciando molotov contro l’edificio
  • La mobilia e il materiale infiammabile erano accatastati davanti alla porta presero fuoco. Vicino c’era anche un generatore contenente benzina che era stato portato dentro dal campo. L’incendio dilaga immediatamente.
  • All’interno vi erano appartenenti di entrambe le fazioni (come evidente da filmati che mostrano bandiere ucraine dalle finestre – 43:00)
  • La stazione dei pompieri era a soli 500 metri ma i vigili del fuoco arrivarono solo 40 minuti dopo la chiamata
  • Coloro che erano all’esterno aiutarono chi era all’interno a salvarsi.

Alla luce di questi fatti, è da escludersi che l’attacco e il rogo fossero parte di un piano premeditato da parte dei filonazisti ucraini. In ciascuna fase degli eventi accertati attraverso testimonianze (prevalentemente di filorussi) e filmati i momenti chiave sono scaturiti da decisioni o azioni della fazione anti-maidan.

Inoltre, contrariamente ad alcune narrazioni, non vi erano sindacalisti all’interno dell’edificio che era chiuso. Infatti, un anti-maidan sostiene che il suo gruppo aveva dovuto forzare la porta per entrare.

Tutto indica che l’uccisione di Igor Ivanov da parte di Budko innescò una reazione violenta nei pro-maidan e un’escalation.

Bisogna precisare che non è mai stato accertato chi lanciò le molotov che causarono l’incendio. Entrambe le fazioni ne avevano e ne lanciavano.

Incomprensibili restano alcuni elementi: perché gli anti-maidan entrarono nell’edificio con maschere antigas? Perché portarono all’interno un generatore che conteneva benzina? Perché nel campo di Kulikovo erano presenti grandi cataste di legna?

È possibile anche identificare responsabilità da parte delle autorità: la polizia che lascia Budko sparare e lo aiuta a fuggire, che ha ordine di non intervenire alla casa dei sindacati e l’inspiegabile ritardo nell’intervento dei vigili del fuoco.

Il vicecapo della polizia Dmitry Fuchedzhi fuggì dopo gli eventi, prima in Transinistria e poi in Russia, la quale si è sempre rifiutata di estradarlo in Ucraina.

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