La guerra in Donbass ha inizio nell’aprile del 2014 con l’assedio di Sloviansk. Il 12 maggio il leader della milizia popolare, Igor Girkin (comandate russo, membro del FSB e già incaricato dell’annessione della Crimea), si dichiara “comandante supremo” della Repubblica Popolare di Donetsk. Nel suo decreto, chiede a tutti i militari di giurargli fedeltà. Alcuni giorni dopo insedia Alexander Borodai come primo ministro. Borodai è un uomo vicino all’oligarca russo della destra ultranazionalista Konstantin Malofeev.
Di come era cominciata la guerra nel Donbass nel 2014 ne avevo già parlato qui. È stato grazie all’articolo in questione che sono entrata in contatto con Francesco, che all’epoca degli avvenimenti si trovava in Donbass.
Ci racconta la sua esperienza.
Il Donbass prima di Euromaidan

Nel 2014, Francesco era fidanzato con una ragazza di Lugansk e studiava russo in una scuola della città. Viaggiava molto per lavoro ma tornava spesso a Lugansk e Donetsk. Arrivava all’aeroporto di Donetsk e poi guidava a Lugansk, a circa 170 Km di distanza.
Il centro di Donetsk era molto piacevole. Viali e parchi molto curati. Anche gli edifici erano ben mantenuti. Non ho viaggiato molto nella periferia di Donetsk ma per l’Ucraina era chiaramente una città ricca.

Lugansk invece era abbastanza squallida. Rimasta all’URRS. Il centro storico, piccolissimo, era ancora da ristrutturare. Per il resto, palazzi fatiscenti, architettura sovietica e molte case singole a due piani. Chiaramente molto più povera di Donetsk. Sembrava essere ferma ai tempi dell’Unione Sovietica.
Euromaidan
Francesco si trova a Lugansk quando cominciano le manifestazioni di Euromaidan. A quel tempo il Donbass è più marginale rispetto a quanto sta avvenendo a Kiev. Nulla lascia presupporre che di lì a pochi mesi quella regione dichiarerà l’indipendenza dall’Ucraina e avrà inizio una guerra.
Euromaidan fu un evento molto seguito a Lugansk, come in tutto il resto dell’Ucraina. Le TV trasmettevano continuamente le notizie delle proteste e in quelle settimane ne parlavano tutti. La gente era scioccata dal sangue e dai morti.
Inizialmente a Lugansk, gran parte della popolazione simpatizza con i manifestanti. Si tratta di una città russofona. Francesco vive tra russofoni. Ma in quel momento non esiste alcuna questione etnica o linguistica, è solo una questione politica e Yanukovich non è amato. È considerato un traditore.
Il dietrofront di Yanukovich sull’Europa all’ultimo momento e l’inaspettata firma del patto di cooperazione con la Russia prese molte persone alla sprovvista. Yanukovich aveva vinto le elezioni presentandosi come supporter dell’integrazione dell’Ucraina con l’Europa e nei mesi e settimane precedenti al febbraio 2014 ripeteva continuamente che la firma degli accordi con l’Europa era imminente.
Quando inizialmente gli studenti scesero in piazza, molti anche a Lugansk capivano lo stato d’animo di chi protestava. Solo i più tenaci supporters di Yanukovich lo difendevano.
La maggioranza dei giovani e le persone che conoscevo (tutti di origine russa) erano favorevoli all’ingresso in Europa. Quindi erano a favore delle proteste a Kiev. Criticavano fortemente Yanukovich. Ripetevano che era un ladro e un criminale (era stato in prigione prima di diventare presidente). Criticavano lui e gli oligarchi che secondo loro erano alla base della corruzione e della gestione mafiosa dell’amministrazione pubblica.
Criminalità
Oltre alla corruzione a Lugansk avvenivano molti crimini, come l’espropriazione di proprietà e aziende. Ad esempio, il figlio di un amministratore locale vicino a Yanukovich andava in giro in Ferrari. Il padre aveva espropriato il ristorante più famoso della città, il “Corona Restaurant” e lo aveva dato a suo figlio. Di storie di questo genere ne sentii moltissime.
Oltre ai commenti dei miei amici e conoscenti, in generale l’impressione che avevo era che Yanukovich non era molto apprezzato. Mi ricordo che per l’ultimo dell’anno del 2013 ero in un grande ristorante, Yanukovich fece il discorso alla televisione, la gente o rideva o fischiava. Non ci fu neanche un applauso.
Ovviamente chi criticava Yanukovich era a favore dell’Euromaidan. E molte persone di Lugansk andarono a Kiev a protestare. Un esempio: Sergei 45 anni, parlava italiano ed era proprietario di un auto ricambi a Lugansk. Importava pezzi di ricambio per auto italiane. Andò diverse settimane a manifestare Kiev con altre persone di Lugansk.
Anche a Lugansk ci furono persone che scesero in piazza con le bandiere ucraine. Non una grande protesta come a Donetsk. Quando Yanukovich scappò in Russia e il governo venne sciolto ci furono anche persone che festeggiarono per strada.
I filorussi
Siamo dunque all’inizio del 2014, parte della popolazione di Lugansk ha sentimenti analoghi a quelli del resto dell’Ucraina: il risentimento verso Yanukovich, verso la corruzione e gli abusi di potere; la speranza di un futuro migliore all’interno della comunità europea. Altri però ritengono importante mantenere buoni rapporti con la Russia e sperano in un’Ucraina con relazioni commerciali con entrambi. Anche se molte persone considerano positiva la potenziale partnership con l’Europa, non vogliono avere problemi con la Russia.
La mia insegnante di russo era pro-Yanukovich. Lei diceva che la maggioranza delle persone a Lugansk amava Yanukovich e per loro era importante mantenere il confine e il commercio con la Russia aperto. Però nei suoi discorsi non c’era nessuna intenzione di separarsi dall’Ucraina. Anche le persone favorevoli a Yanukovich amavano l’Ucraina. Non ho mai sentito nessuno chiedere di vivere in Russia. In realtà con Yanukovich Donetsk/Lugansk avevano un peso politico importante in Ucraina, infatti molti politici al governo incluso Yanukovich erano del Donbass.
Molte aziende locali esportavano in Russia e molti russi venivano a fare spesa a Lugansk (a solo 40 Km dal confine). Il centro commerciale più grande di Lugansk si chiamava Russia. In giro per Lugansk si vedevano molte auto con le targhe russe.
Fino a febbraio 2014 nessuno voleva lasciare l’Ucraina. Nei discorsi, gli amici mi ripetevano: meglio vivere in Ucraina che in Russia dove il costo della vita era il doppio dell’Ucraina. Tutti avevano chiaro che in Russia c’era molta meno libertà e molto più controllo della polizia e della polizia segreta. Quanto agli anziani, nostalgici dell’USSR, sognavano il ritorno dell’Unione Sovietica non alla Russia.
In sostanza, la mia impressione era che, anche se esistevano molte persone contrarie a chiudere completamente i confini con la Russia, la maggioranza della popolazione a Lugansk era favorevole alla cacciata di Yanukovich e alle nuove idee portate da Euromaidan. Soprattutto per quanto riguardava la lotta alla corruzione. La gente che conoscevo a Lugansk era molto simile, nel modo di pensare, alle persone che conoscevo a Kiev.
Lingua russa e lingua ucraina a Lugansk
Ho chiesto a Francesco se esistessero discriminazioni contro i russofoni a Lugansk prima dell’inizio della guerra.

La maggioranza della popolazione a Lugansk, come in molte altre città dell’Ucraina, parlava russo. I giovani studiavano con i libri in ucraino ma gli insegnanti spiegavano in russo, anche alle università. A Lugansk molte persone capivano l’ucraino, leggevano libri in ucraino, ascoltavano musica in ucraino, vedevano film e TV in ucraino, però non lo sapevano parlare oppure lo parlavano con difficoltà. Tutti parlavano russo.
Tutti quelli che conoscevo mi dicevano che non c’era nessuna discriminazione per le persone del Donbass che parlavano russo. L’unica eccezione era Lviv. Mi dicevano che a Lviv le persone dell’est Ucraina che parlavano solo russo non erano ben accette. Però per il resto dell’Ucraina non c’era nessuna discriminazione. Anzi, nelle grandi città, per poter lavorare, il russo era (e forse lo è ancora) essenziale e sicuramente più importante dell’ucraino. Con il solo ucraino non potevi lavorare in molte grandi città, incluse Odessa e Kiev.
In generale le persone (inclusa la mia insegnante di russo) ripetevano che l’Ucraino è una lingua più bella del russo ed era considerata la migliore tra le lingue slave. Con suoni molto più dolci del russo.
Ovviamente la maggioranza degli anziani, avendo vissuto nell’USSR non sapeva parlare l’Ucraino.
L’Anti-Maidan e i separatisti
A Lugansk le cose cominciano a cambiare dopo la fuga di Yanukovich. Nasce il movimento anti-maidan, una controrivoluzione che si oppone a Euromaidan e comincia a reprimere le loro manifestazioni (con il supporto della polizia) e a occupare edifici governativi in varie città dell’Ucraina.
Con l’evolversi dell’Euromaidan i supporters di Yanukovich iniziarono a preoccuparsi. Non conoscevo i nomi dei politici pro Yanukovich ma tutti i miei contatti erano a favore dell’Euromaidan. Per le strade di Lugansk non ho mai assistito a una protesta a favore di Yanukovich. L’evoluzione ci fu a Marzo 2014, dopo la caduta del governo.
La polizia
Tutta la polizia SBU di Lugansk fu mandata a Kiev. Il marito della cugina della mia fidanzata lavorava nell’SBU e purtroppo mi disse che è vero che gli fu chiesto di randellare e sparare sulla folla. Finita l’Euromaidan molti poliziotti dell’SBU scapparono in Russia in questo caso lui (ex SBU), la moglie e una neonata andarono a vivere in Russia, a Tula. Tutto organizzato dagli ex capi SBU, immagino con il supporto delle autorità russe.
Il giorno che i “futuri” separatisti occuparono il municipio e il palazzo dell’SBU non ero a Lugansk, vidi alcune immagini alla televisione. Non c’era sicuramente una gran folla e fu completamente differente da Kiev. Non c’era neanche uno studente.
A bloccare questi “futuri” separatisti c’era solo la polizia municipale (non SBU) – tipo i nostri vigili urbani – che ovviamente non era in grado di gestire queste situazioni. Immagino che un paio di armi furono sufficienti per forzare la protezione organizzata dalla polizia locale.

Abitavo vicino al Municipio quindi ci passavo spesso di fronte. All’esterno della entrata c’erano solo 3-4 persone armate. Non c’erano barricate e non si vedeva nessuna folla.
Di fronte al palazzo dell’SBU invece c’erano più persone. Avevano chiuso la piazza con delle barricate fatte di legno e pneumatici. Entrai con un amico nella barricata. All’interno della piazza c’erano un 20-30 persone alcune armate con fucini non automatici. L’impressione che ho avuto è che non sapevano cosa fare: chi passeggiava con il fucile chi era seduto, chi faceva finta di essere impegnato in qualche cosa. Dentro la palazzina sicuramente c’erano altre persone ma all’esterno erano solo una ventina. C’era anche una zona (tutto costruito in legno) dove delle anziane cucinavano. In questa zona, vicino alla cucina, c’erano molte icone religiose. C’erano ovviamente le diverse bandiere di Lugansk, qualche bandiera russa e quella arancione commemorativa della seconda guerra mondiale.
A un certo punto arrivarono un decina di altre persone e tenevano imprigionato un uomo. Dall’aspetto non sembrava ucraino, forse più armeno o medio orientale. Forse un giornalista. Lo portarono dentro la palazzina dell’SBU. Non so che cosa accadde a quell’uomo. Dopo una ventina di minuti uscimmo dalla barricata.
Le 20-30 persone che ho visto nelle barricate (e confermato dal mio amico) erano principalmente 30-40enni, poveri senza lavoro, pagati poche Hrivna al giorno per passare il tempo nelle barricate.
Opposizione
Molti Oligarchi locali (incluso Rinat Akhmetov) anche se non si erano esposti inizialmente sull’Euromaidan, in seguito si opposero con forza ai separatisti: ad esempio Akhmetov organizzo degli scioperi nelle sue miniere e acciaierie e chiese ai sui dipendenti di protestare contro i separatisti.
Verso la fine di maggio del 2014 Rinat Akhmetov (proprietario dell’acciaieria Azovstal, recentemente distrutta dai russi) indice una manifestazione dei protesta contro la Repubblica Popolare di Donetsk, poi fa marcia indietro quando teme che possa essere repressa nel sangue.
In un’intervista televisiva Akhmetov dichiara:
Mi è stato detto al mattino che c’erano uomini armati a Mariupol, che volevano uccidere chi marciava per la pace! Ho immediatamente contattato i direttori dei nostri stabilimenti e li ho invitati a sospendere la partecipazione alla marcia per la pace, perché una vita umana è il valore più grande e non permetterò mai lo spargimento di sangue. Ho invitato a sospendere l’azione; sospenderla, non fermarla! Perché se ci fermiamo, il Donbass verrà lasciato alla violenza. Voglio dirlo a tutti – non ci fermeremo! Non avremo paura. Nessuno ci spaventerà, compresi quelli che si definiscono Repubblica Popolare di Donetsk.
Ditemi almeno, per favore, qualcuno nel Donbass conosce almeno un rappresentante di questa Repubblica Popolare di Donetsk? Che cosa hanno fatto per la nostra regione, quali posti di lavoro hanno creato? Cosa hanno fatto se non passeggiare per le città di Donbass con le pistole in mano e dire di difendere i diritti dei residenti di Donetsk dal governo centrale? Saccheggiare le città e prendere in ostaggio dei cittadini è una lotta per il benessere della nostra regione? No non lo è! È una lotta contro i cittadini della nostra regione, una lotta contro Donbass. È il genocidio del Donbass!
I primi giorni di guerra
Per quello che ho visto, in aprile e maggio (fino al 12 maggio 2014, giorno che presi l’aereo da Donetsk), la vita a Lugansk non aveva avuto grandi ripercussioni. I pochi occupanti dei due edifici non sembravano porre un grande problema. Pochi erano armati. La gente continuava la vita più o meno come sempre. Questi occupanti non sembravano cosi pericolosi.
L’unica nota che disturbava erano gli arei militari ucraini che ogni tanto di sera passavano sopra la città. Una sera senti una forte esplosione, dopo il passaggio di un aereo militare. Dissero che aveva lanciato un missile nel comune.
In effetti, una finestra del comune era tutta aperta e l’interno della stanza carbonizzato. Se era una bomba lanciata dall’aereo ucraino era stata molto piccola (aveva colpito letteralmente solo una finestra del grande palazzo comunale). Per alcuni giorni venne anche chiesto di non uscire di casa la sera. Ma a parte questo non c’erano grandi cambiamenti.
La polizia municipale continuava a fare il lavoro come sempre, principalmente a controllare il traffico. Ristoranti, negozi tutto era aperto.
Il 9 maggio, per il giorno della Vittoria, mi ricordo che ci fu la parata con i veterani (ormai pochi). Portarono un carrarmato della WW2 per le foto con i bambini. Le autorità ucraine portarono la bandiera ucraina, fecero il discorso e posarono i fiori di fronte al monumento dei caduti. Erano scortati da quattro soldati ucraini con armi automatiche. Appena finito il discorso, le autorità ucraine si dileguarono velocemente. Noi andammo al ristorante a festeggiare con un mio amico e il suo padre ottantenne veterano della seconda guerra mondiale.
In quei giorni c’era una persona nella strada principale che dava i volantini per partecipare a un referendum dell’11 maggio, organizzato penso in massimo due settimane. Fu solo una farsa. Poche persone ci andarono e si diceva che la gente faceva il giro delle quattro postazioni e votava quattro volte.
A parte queste situazioni un po’ strane però per il resto la vita continuava come sempre e soprattutto la gente non si aspettava quello che sarebbe accaduto qualche settimana dopo.
Dopo il finto referendum
Francesco lascia il Donbass e si sposta a Kiev. Resta in contatto con molti amici e parenti della fidanzata a Lugansk, mentre la situazione precipita. La sua fidanzata riesce a raggiungerlo a Kiev prendendo uno degli ultimi voli dall’aeroporto di Donetsk.
A fine maggio avevo già lasciato Lugansk. I miei amici mi dissero che a Lugansk si iniziarono a vedere molte facce nuove. Tutti molto armati e molto più robusti dei 20 occupanti visti di fronte all’SBU. Molti erano dalla Cecenia. Comunque tutta gente mai vista a Lugansk.
Qualche giorno dopo si intensificarono gli scontri con l’esercito ucraino che difese soprattutto la zona dell’aeroporto. Da lì in poi iniziò la vera e propria guerra tra l’esercito ucraino e i separatisti il cui esercito era formato in gran parte dai famosi “volontari” russi.
Morti e suicidi misteriosi
Iniziarono anche le morti e i suicidi misteriosi di molti politici, giornalisti, imprenditori pro-Kiev. Ogni giorno c’era una storia nuova: chi trovato morto nel bosco con la moglie, chi sparito nel nulla.
Il mio dentista aveva la clinica più bella e moderna di Lugansk, venivano anche dall’estero per farsi curare i denti. Esercitava in una palazzina di due piani modernissima, sembrava un hotel. Era poco distante alla stazione ferroviaria, un contrasto enorme con lo squallore di molti palazzi a Lugansk. Apparecchiature all’avanguardia. Impiegava cinque dentisti (di cui un mio amico) e diversi assistenti. Insomma una bella azienda. Nelle ultime settimane di maggio o inizio giugno i separatisti gli rubarono le attrezzature e bruciarono la clinica. Il dentista e la moglie furono trovati morti sotto a un treno (apparente suicidio). Di storie come questa ce ne furono a centinaia. I malcapitati erano i pro-Kiev che non collaborarono con i nuovi arrivati.
A giugno i separatisti iniziarono a reclutare forzatamente gli uomini che non erano scappati. Questo accadde allo zio della mia fidanzata. Tutti i mie amici e conoscenti scapparono in altre città. Dalle statistiche dicono che circa un milione di persone dal Donbass scappò in Ucraina. Circa quattrocentomila, dai parenti in Russia.
La propaganda
Poi le TV russe iniziarono con il bombardamento della propaganda russa. Mi ricordo ancora la prima fake news (ancora non esistevano storie sui nazisti e tutte le altre scemenze). La prima fake news fu:
- L’Ucraina vuole uccidere tutti gli anziani del Donbass per risparmiare sulle pensioni. (Infatti chi era rimasto erano principalmente gli anziani).
- La seconda fake news fu che l’Europa voleva rubare il gas e il carbone del Donbass.
Come accade anche ora, ogni settimana c’era un nuovo complotto contro il Donbass (non ancora contro la Russia).
I discorsi sui nazisti iniziarono solo molti mesi dopo, quando Poroshenko emanò le leggi sulla protezione della lingua e cultura ucraina.
Ovviamente gli anziani caddero quasi immediatamente vittime della propaganda. Ma anche alcuni giovani che parlavano inglese e avevano studiato iniziarono a ripetere queste cose senza senso. Fui impressionato dal fatto che anche amici pro-euromaidan, con titoli universitari, iniziarono a credere ad alcune di queste scemenze.
Fui sorpreso da quanto fu veloce il lavaggio del cervello. Pensai: forse hanno la predisposizione a cadere vittima della propaganda? Sicuramente questo era vero per gli anziani che avevano vissuto nell’USSR. Ma per alcuni giovani che parlavano anche inglese? L’unica spiegazione era forse l’influenza di adulti, stimati dai giovani, di cui si fidavano ciecamente.
L’oggi pieno di dolore e incertezze
Francesco lasciò l’Ucraina nel 2016 e si stabilì in Svizzera, vicino Zurigo ma continuò a viaggiare a Kiev almeno una volta al mese.
Mia moglie è di Khmelnitsky, nell’ovest dell’Ucraina. Con l’ex fidanzata di Lugansk ci lasciammo nel 2016. Ovviamente mia moglie è disperata come tutti gli ucraini in questo momento. Ha vissuto molti anni a Kiev e guardando le immagini di Irpin e del resto dell’Ucraina piange spesso. Abbiamo anche una rifugiata in casa. Diversi amici e familiari sono al fronte. Ho due cognati in prima linea a Severodonetsk & Kramatorsk.
Ora la preoccupazione è soprattutto per mio cognato. Faceva l’elettricista fino a due mesi fa ora e ora è a Severodonetsk con un javelin sulla spalla. Escono in missione di notte e la mattina chiama la moglie per dire che è andato tutto bene. Ci sono dei giorni che non la chiama e puoi immaginare lo stato di questa donna con due bambini piccoli. Purtroppo Putin negli ultimi tre mesi ha rovinato la vita a tutti.