Tutti in galera!

Sul populismo di destra ed altre farneticazioni a effetto stampa

Più carcere ai minorenni e ai genitori che non mandano i figli a scuola. Cosa mai potrebbe non funzionare con questo sistema?

Non ho dubbi che chiunque lavori nel settore abbia avuto un certo giramento di testa alle ultime esternazioni del governo. Non fosse altro perché sa bene quanto costosa, inutile e devastante possa essere una misura di questo tipo ma è anche consapevole che chi l’ha formulata vive in una realtà tutta sua (fatta di massimalismi) che poco o nulla ha in comune con le problematiche alla base della dispersione scolastica.

Chi ha lavorato nella realtà invece ne conosce i molteplici fattori. Sa, per esempio, che l’interruzione degli studi non si presenta all’improvviso nell’adolescenza ma comincia già alle elementari, in modo spesso invisibile al principio, sotto forma di quel lunedì magari in cui la bambina X non è mai a scuola, oppure quelle ricorrenti “malattie” che fanno sì che il bambino Y frequentati solo il 50% delle lezioni. A volte è il bambino Z che viene da un’altra scuola che poi scopri ne ha cambiate 4 dalla prima elementare e or fa la terza.  La mancanza  di continuità fa restare i bambini indietro; li rende incapaci di ambientarsi e distrugge l’auto stima. Insomma restano emarginati e più si va avanti con il percorso scolastico, più si sentono fuori posto meno vogliono andare a scuola. Quando raggiungono l’adolescenza e acquistano maggiore indipendenza occorrerebbe un lavoro immenso per riportarli in classe ed educatori che combattono contro un sistema che fa poco o nulla per queste fette di popolazione destinate all’emarginazione.

Ora vediamo i motivi che portano alla scarsa frequentazione alle elementari. Nella mia esperienza nel Regno Unito (il problema non è solo italiano). I casi dei vari bambini X, Y e Z (solo piccoli esempi di bambini che eventualmente hanno interrotto gli studi e hanno avuto problemi con la legge) avevano varie origini. X viveva con la madre che soffriva di depressione e aveva un fratellino severamente autistico che raramente dormiva. Il lunedì, dopo un weekend difficile, da sola, senza sostegni e con due bambini piccoli, di cui uno disabile, la mamma non ce la faceva ad alzarsi dal letto per portare la bambina a scuola. Se i servizi sociali fossero stati efficienti, ci sarebbe stato sostegno a questa madre, invece la bambina è andata sempre meno a scuola mentre la salute mentale della mamma è degenerata. Il bambino Y viveva con la madre ed il patrigno con cui non andava d’accordo. La madre aveva altri 4 figli, con 3 padri diversi. Spesso andava in vacanza con il nuovo compagno e lasciava Y con i nonni che non sempre lo portavano a scuola; Z era costretto a seguire i genitori di città in città, ovunque trovassero lavoro temporaneo o stagionale. Raramente restava nella stessa classe un anno intero.

In 14 anni mi sono imbattuta tanto in genitori con problemi di droga o alcolismo quanto in padri e madri accorti ma con problemi d’impiego; tanto in famiglie sfaldate e genitori irresponsabili, quanto in famiglie con altri figli portatori di handicap o loro stessi con problemi di salute. 

Sul fatto che i genitori vadano responsabilizzati siamo tutti d’accordo ma la responsabilizzazione non è sinonimo di criminalizzazione. I problemi possono essere cronici o temporanei; possono essere risolti con il supporto o con la decisione di togliere i figli ai genitori. Non esistono massimalismi ma esseri umani, famiglie, bambini e genitori reali, ciascuna situazione da valutare caso per caso. 

La responsabilizzazione la si crea con una rete efficiente di protezione del minore in grado d‘individuare presto (prestissimo) i minori a rischio non solo di abuso ma di futura dispersione scolastica. Una rete che offra il supporto necessario a quei genitori che magari stanno solo vivendo un periodo difficile e che allo stesso tempo stabilisca costruttivamente regole precise a cui i genitori devono adempiere. In teoria sulla carta queste cose esistono ma nella realtà, in UK quanto in Italia i servizi sociali sono ridotti all’osso; il supporto spesso irraggiungibile; le attività sociali in certi quartieri inesistenti.

Già mi pare di sentire chi grida “ma perché mai dovremmo pagare per una cosa del genere! Che ai figli ci pensino i genitori!”

Signori e signore, se il problema è solo economico poniamoci una domanda: costerebbe più la rete protettiva dei ragazzi a rischio oppure mantenere tutti questi genitori e ragazzi in galera? Un detenuto in Italia costa allo stato italiano circa 137 euro al giorno. Anche solo 1000 persone di più in galera sono quasi 50 milioni di euro l’anno. La dispersione scolastica è nell’ordine di decine di migliaia.

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