La Camera sarà in ordine

Già prima della votazione era apparso chiaro che le cose si fossero messe male per Kevin McCarthy, lo Speaker del Congresso contro il quale il deputato Matt Gaetz aveva richiesto una mozione di sfiducia. A causa della maggioranza irrisoria dei repubblicani alla Camera, a Gaetz bastavano solo 5 alleati per rimuovere lo Speaker, il quale avrebbe potuto salvarsi solo grazie ad un eventuale supporto dei democratici. Ma Nancy Pelosi, ex Speaker democratica, era stata chiara sancendo che il suo partito non avrebbe interferito nella votazione:

“Il Presidente della Camera è scelto dal partito di maggioranza.” Aveva twittato poco prima del voto. “In questo Congresso è responsabilità dei repubblicani alla Camera scegliere un candidato ed eleggere il presidente della sala. Al momento non vi è alcuna giustificazione per allontanarsi da questa tradizione. La Camera sarà in ordine.”

Sicuro di sé fino alla fine, McCarthy aveva trattato Gaetz con deferenza: “sopravviverò” aveva detto, e poco prima della votazione aveva twittato un arrogante: “fatevi avanti”.

Alla fine sono stati in tutto 8, compreso Gaetz, i ribelli a spodestare McCarthy aprendo un capitolo inesplorato nella storia degli Stati Uniti. Non era infatti mai successo prima che uno Speaker fosse sfiduciato. Ora i repubblicani dovranno sceglierne uno nuovo e non sarà cosa facile dopo la ribellione portata avanti da un manipolo di deputati che, pur nel loro numero esiguo, tengono sotto scacco il partito.

È una lotta intestina

È una lotta intestina quella in corso, dove lo stanziamento per il supporto all’Ucraina si presenta come un’arma piuttosto che il motivo della diaspora. Non si litiga tanto sulle politiche quanto sul modus operandi di McCarthy.

Né sarebbe corretto interpretare il dissidio tra Gaetz e McCarthy come una battaglia tra il vecchio partito repubblicano e il nuovo GOP di Donald Trump. Il partito che fu di John McCain, rivale e al tempo stesso amico di Barack Obama, non esiste più. Lontana è l’America nella quale politici con vedute diverse erano in grado di dialogare e intrattenere amicizie. Oggi il GOP è composto quasi esclusivamente da deputati e senatori di estrema destra con i quali non esiste dialogo.

La battaglia in corso piuttosto è tra il GOP dei vecchi gladiatori dell’arena politica, pragmatici, doppiogiochisti e giocolieri e senza peli sullo stomaco come McCarthy e quello dei nuovi falchi massimalisti alla Gaetz, per i quali ogni forma di compromesso rappresenta un tradimento.

Gaetz, che si autodefinisce un “populista libertario” è tra i più strenui sostenitori di Trump e del complotto del Deep State. Vicino al negazionista dell’Olocausto Charles C. Johnson (autore del sito neonazista The Daily Stormer) nel gennaio 2018 lo aveva invitato al discorso sullo stato dell’Unione di Trump. McCarthy è più vecchia scuola: glaciale, astuto, padrone delle manovre di Palazzo. È a lui che Kevin Spacey si era ispirato per il suo Frank Underwood nella serie “House of Cards”; lo aveva seguito nel suo lavoro a Capitol Hill per mesi studiandone pose e atteggiamenti. McCarthy se ne era anche vantato, tanto da sostenere, in un’intervista, che l’attore gli avesse rubato la celebre frase:

“Vota per il tuo distretto, vota secondo coscienza, semplicemente non sorprendermi.”

Doppiogioco

McCarthy non aveva battuto ciglio davanti alla candidatura di Marjorie Taylor Greene, nota per i suoi commenti antisemiti e per l’appartenenza ai complottisti di estrema destra QAnon. Né si era tirato indietro nell’appoggiare Trump nelle sue accuse di brogli elettorali. A differenza di Gaetz, McCarthy aveva però cambiato rotta all’indomani dell’assalto a Capitol Hill assumendo posizioni critiche nei confronti dell’ex presidente. Durante una conferenza con altri leader repubblicani aveva definito la condotta di Trump “atroce” sostenendo che stava “incitando la gente”, tanto da proporre il 25° emendamento per rimuoverlo dall’incarico. Nessuno ci era cascato però, né i democratici che si domandavano a quale gioco McCarthy stesse giocando, né i fedelissimi di Trump che non perdonavano un voltafaccia al quale, a conti fatti, nessuno credeva. In sostanza McCarthy giocava a carte scoperte: tutti avevano scoperto il suo bluff re era nudo.

Il dissidio

Il dissidio tra le fazioni repubblicane nasce proprio in merito alle rispettive posizioni sulla rivolta del 6 gennaio, là dove McCarthy era schierato con la larga fascia opportunista dei trumpiani pronti a gridare al complotto e applaudire i rivoltosi, salvo mettere le mani avanti quando le cose si erano messe male; quell’area maggioritaria ma grigia che beneficia dell’estremismo ma non vuole sporcarsi le mani; una spaccatura profonda che ha paradossalmente catapultato McCarthy tra i “moderati” del partito, tanto che quando, un anno fa, i Repubblicani avevano preso il controllo del Congresso con una maggioranza irrisoria, la sua scelta come Speaker era apparsa l’unico compromesso possibile, anche se già da allora Gaetz avesse fatto carte false per non farlo eleggere e lo definisca un’appendice dei democratici. Ma moderato, McCarthy non lo è mai stato e sono ben poche le idee politiche che lo dividono da Gaetz.

Bastava vedere la conta e notare come ultre-radicali come Marjorie Taylor Greene e  Jim Jordan si schierassero apertamente per McCarthy.

“Votare per un sociopatico o per un incompetente?” aveva detto il deputato repubblicano Mark Pocan in merito alla mozione di sfiducia. “Non ne ho idea”. Alla fine, anche lui ha scelto quello che aveva definito il “sociopatico”, il Frank Underwood della vita reale, ma non è bastato. Gaetz aveva gioco facile: ha raccolto un caucus di soli 8 ribelli e la casa di carte è crollata.

Chi beneficia di questa situazione?

Non certo l’America che ora ha un Congresso monco e neanche i repubblicani, gettati nel caos. Poco cambia per i democratici che possono solo assistere, nella speranza che qualcosa si trascini verso la loro riva. Solo a Trump ha fatto comodo la distrazione nel giorno in cui, dopo la condanna e in attesa della sentenza, è stato duramente richiamato dal giudice per avere postato il falso sui social in merito alla sentenza e per avere diffamato un impiegato del tribunale; una figuraccia che lo ha visto abbassare la testa e subire l’ordine di non discutere le decisioni della corte sui social. Sebbene, in merito alla ribellione di Gaetz si sia semplicemente lamentato dell’incapacità dei repubblicani di lavorare di comune accordo, va da sé che il caos istituzionale è il suo habitat naturale e Gaetz il suo cagnolino ammaestrato.


Resta ora l’incognita di chi sarà scelto dal GOP per rimpiazzare McCarthy (il quale ha già chiarito che non si ripresenterà). Con 8 parlamentari ultra-radicali che tengono in ostaggio il partito, di una sola cosa si può essere certi, stiamo per assistere ad un altro periodo indecoroso della storia americana, un altro shitshow, come lo era stata, un anno fa, la farsa dell’elezione di McCarthy.

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