Chi lo avrebbe mai detto che si sarebbe arrivati a tre!
Mentre restiamo in attesa che Audible renda disponibile l’audiolibro, pubblico la nota che apre questa nuova edizione.

Nota alla terza edizione
Sono trascorsi oltre vent’anni dalla prima stesura di Thomas Jay. Da allora le versioni si sono susseguite da perderne il conto.
Perché tante volte e perché una nuova edizione adesso?
Thomas Jay è una metafora: è un dialogo tra alcune parti (spesso in conflitto) della nostra umanità: l’idealismo, la razionalità e l’emotività.
Non è nato con queste intenzioni. Quando quindicenne incontravo Thomas Jay sul soffitto della mia camera da letto, rinchiuso in una cella, non lo sapevo; né lo sapevo quando finalmente a trent’anni provavo per la prima volta a scriverlo. È stato solo anni dopo, mentre cercavo di capire perché avessi operato alcune scelte che sapevo imprescindibili, che la metafora ha cominciato a parlarmi. Si è trattato di un’epifania che ha condotto me, in primis, a comprendere il significato di quanto avevo scritto e a dover reinterpretare episodi, frasi e personaggi spingendomi oltre la metafora per comprendere fino a che punto si trattasse di un’opera biografica.
I romanzi ci parlano alla distanza, soprattutto quelli che scriviamo. Sono delle lettere che inviamo a noi stessi e ai lettori dal passato. Talvolta ci colpiscono per la perspicacia con cui hanno saputo intravedere il futuro o cogliere un disagio profondo, sentito eppure invisibile al nostro io razionale.
La voce di Thomas Jay è una voce forte che proviene dalla persona che ero vent’anni fa, dai miei disagi, dalle mie forze e debolezze; dalle mie speranze; dalle domande che mi ponevo e le risposte che trovavo lungo il cammino.
Chi è Thomas Jay?
È l’idealismo adolescenziale che sopprimiamo crescendo. È l’irrazionalità che ingabbiamo quando cediamo al pragmatismo che impone la maturità. Eppure, non importa quanto lo maltrattiamo o se lo imprigioniamo, è un idealismo che continua a parlarci.
Thomas Jay mi ha parlato spesso negli anni. Il romanzo è cambiato insieme al mio rapporto con la vita. Se a quindici anni accettare il pragmatismo mi pareva equivalente a morire, a trenta invece ero pronta a rinchiudere ogni aspirazione in una cella per affidarmi alla ragione.
La donna che sono oggi è ancora evoluzione e si esprime con una frase che compare per la prima volta in questa edizione:
«…a volte, per mantenere in vita la parte più importante di te stesso, devi darle una voce e fare cose per le quali sarai giudicato e pagherai le conseguenze. Se metti a tacere quella parte per sempre, la uccidi; Se la lasci parlare, potresti essere ucciso. In ogni caso, quella parte morirà e vorrà dire la sua prima che accada, quindi sarà sempre più forte della tua volontà di metterla a tacere».
Thomas Jay è stato vittima di editori incompetenti, di strategie di marketing prive di etica e infine della cultura del consumo veloce e del nuovo che è già vecchio appena nato.
Oggi la parola scritta precipita nel silenzio appena spento il computer, e di lì a breve è come se non fosse mai esistita.
Thomas Jay è una parte di me che non ha voluto essere messa a tacere.
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