Cos’è la radicalizzazione?
La radicalizzazione è un processo di sviluppo di credenze, emozioni e comportamenti estremisti. Si tratta di convinzioni contrarie ai valori fondamentali della società, alle leggi della democrazia e ai diritti umani universali.
Raramente la radicalizzazione è alimentata dalla sola ideologia o religione: spesso parte dalle insoddisfazioni dei singoli verso la società o le politiche dei loro governi. Alla base comunque vi è sempre la marginalizzazione, sia questa materiale (con violazione di diritti) oppure psicologica (insoddisfazione personale).
È lecito parlare di radicalizzazione innanzi al complottismo? Ed è il complottismo parte di una strategia sovversiva?
Se partiamo dal concetto che la radicalizzazione è lo sfruttamento finalizzato della debolezza di una fetta marginalizzata della popolazione, allora ci dobbiamo chiedere da dove hanno avuto origine queste credenze e se siano state fatte circolare deliberatamente per attaccare le società democratiche occidentali.
Complottismo
Ogni radicalizzazione ha bisogno di un pensiero unificante per indurre un gruppo di persone a collaborare verso un obiettivo, ma anche (e soprattutto) di una “presa”. Il complottismo rappresenta proprio quell’avvicinamento in quanto opera una transizione dal malessere individuale ad un sentimento di utilità universale.
Come?
- Giustifica lo stato depressivo degli individui
- Offre una cura al disagio sociale
- Dona una spiegazione semplice e accessibile
- Fa credere agli individui di essere più illuminati di altri
- Li fa sentire parte di un gruppo esclusivo
- Rende partecipi all’idea della “creazione” di un mondo migliore
Il complottista non sa di essere tale e crede fermamente all’ideologia che ha abbracciato, anche se non sa che si tratta di un’ideologia. Ciò in cui crede fa parte di una costruzione mentale che identifica con la “realtà”.
Ma di quale ideologia stiamo parlando e da dove nascono i complottismi?
Il tramonto delle ideologie
La fine della guerra fredda vide l’inizio dell’affermazione incontrastata del neoliberismo. Poiché maggiore rilevanza era data al mercato piuttosto che alle idee si dimenticò presto che si trattava di un’ideologia e si decretò la “morte delle ideologie”. L’accusa al neoliberismo di “pensiero unico” ha radici proprio nel vuoto ideologico seguito alla fine della guerra fredda. Non uno imposto, piuttosto un processo naturale che portò gli individui a osservare la realtà dall’interno dell’economia di mercato.
Non bisogna confondere però il “pensiero unico” con la censura. Infatti, il neoliberismo ha per habitat naturale le democrazie liberali, fondate sul diritto individuale e la libertà di parola. Non è un concetto limitato all’espressione, ma a un intero tessuto di valori condivisi, quelli liberali, di cui il liberismo non è che una delle varie espressioni economiche possibili.
“Pensiero unico” è l’adesione a una gamma di valori concordati dalle società democratiche. Se si trattasse di una lingua, potremmo definire le leggi che regolano quel pensiero come una base grammaticale. Ciascuno può esprimersi liberamente e individualmente utilizzando le regole.
Negli ultimi anni però abbiamo assistito ad una messa in discussione delle regole.
Ma quali regole si discutono e perché?
Le nuove ideologie provengono dall’estrema destra e hanno come figure di spicco Bannon negli USA e Dugin in Russia, ciascuno con i propri magnati: Trump e Putin. Entrambi ambiscono alla dissoluzione dello stato, come sovrastruttura del liberalismo, e alla creazione di società autocratiche con mercati deregolamentati. Si tratta di ideologie ultraconservatrici di matrice cristiana in cui trovano spazio tanto il vangelo quanto elementi staliniani e “perle” estratte da Mein Kampf.
In questo contesto ideologico che oscilla tra due destre, la sinistra si è smarrita in un vuoto ideologico, costretta a rifugiarsi sotto l’una o l’altra cappella, tra chi preferisce appoggiarsi al neoliberismo (visto come il minore dei mali), o a chi non interessa se la distruzione del sistema avvenga dall’estrema destra purché il sistema sia distrutto.
Da qui la spaccatura tra la sinistra moderata, divenuta neoliberista, e l’estrema sinistra, avvicinatasi all’estrema destra. Un avvicinamento causato dall’appropriazione da parte dell’estrema destra del movimento antiglobalista, nato originariamente a sinistra.
Per gli ideologi ultraconservatori come Dugin la lotta è quella tra il Great Reset (globalista) e il Great Awakening (antiglobalista) e ha le sue radici nell’opposizione tra il pensiero illuminista, erede del nominalismo, e il pensiero “realista” che aveva come massimo rappresentante Tommaso D’Aquino (mi limito qui a sintetizzare il pensiero di Dugin espresso nel suo Manifesto del Grande Risveglio).
Il connubio tra fede e ragione è al centro del pensiero di Dugin (e di Bannon). È la fede ad elevare la ragione alla certezza e alla perfezione. Entriamo dunque in una visione neospiritualistica e antimaterialista. È in questo connubio che la spaccatura tra neoliberismo e il grande risveglio si trasforma in una lotta tra società laiche e società cristiane. In sostanza, quello che viene messo in discussione non è tanto il modello economico neoliberista, quanto il modello giuridico di stampo secolare.
Ortodossia religiosa
Non è un caso che i QAnon (che aderiscono pienamente alla teoria del Grande Risveglio) nascano e si diffondano originariamente nell’America evangelica, emarginata e rurale degli stati del sud, estremamente conservatrice, legata al KKK e credente in un Gesù bianco, nato in America. Mentre sul fronte russo, Dugin trovi pieno supporto da parte della chiesa ortodossa.
Legati a questo pensiero di valorizzazione dei principi e dogmi cristiani, troviamo i movimenti antiabortisti, anti-LGBT, anti-trasgender, anti-immigrazione (soprattutto se islamica) propri tanto dell’estrema destra americana, quanto dei sovranisti europei e di molti movimenti populisti.
Nel suo manifesto, Dugin vede il dibattito sui trasgender, come l’ultimo capitolo del nominalismo, ovvero la liberalizzazione dell’individuo fino all’estremo della libertà sulla propria sessualità. È un’ottica in cui il concetto di “libertà” viene associato a quello di “individualismo”, e dunque la “scelta” si presenta come “aberrazione”. Si tratta per Dugin di una decadenza morale implicita della società globalista. Quello che le società liberali chiamano “tolleranza” per lui è il mostro da combattere.
È qui che l’estrema sinistra laica, antiglobalista e antiliberista, avvicinandosi a questi movimenti, cade in un tranello. Per sua natura, tende ad avere una visione sociale ed economica e dunque combatte il globalismo e il neoliberismo come espressioni del capitalismo. Per l’ultra-destra cristiana e sovranista invece questi sono aspetti collaterali. Infatti non si oppongono al capitalismo, anzi lo esaltano. Il loro attacco al sistema è altrove: non è al neoliberismo ma al terreno di cui quel sistema si nutre: il liberalismo come libertà di espressione, parità di genere e affermazione dei diritti umani.
Quale tipo di società auspicano queste destre?
Il modello è quello di società che superino i valori sanciti il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Questa è la vera globalizzazione di cui si vuole fare piazza pulita. Non una economica (come vuole credere la sinistra). Obiettivo degli ultraconservatori è quello di distruggere una società globale dove popoli di diversa origine e cultura sono uniti da sistemi legislativi secolari che sanciscono principi concordati di convivenza civile che spaziano dai diritti degli individui a quello di autodeterminazione dei popoli.
Da qui la lotta contro trattati internazionali che uniscono le nazioni attraverso tali principi (come per esempio la UE), in favore di un sovranismo di matrice cristiana che possa legislare sbarazzandosi dei valori condivisi dalle società liberali.
In UK, stato profondamente laico, alla matrice cristiana si è sostituita quella xenofoba, e l’uscita dalla UE ha avuto come obiettivo principale quello di non dover sottostare alla carta dei diritti umani che avrebbe reso impossibili manovre come quella recentemente annunciata da Priti Patel d’inviare i richiedenti di asilo politico, con un biglietto di sola andata in centri di detenzione in Ruanda.
Sono i valori sanciti dall’ONU nel 1948 ad aver abbattuto barriere culturali e geografiche e aver costituito un “linguaggio” giuridico internazionale e “oggettivo”. Valori su cui abbiamo costruito le nostre società e che (non bisogna dimenticarlo) hanno consentito l’emancipazione femminile. Qualcosa che ha potuto svilupparsi in occidente proprio grazie all’illuminismo e all’umanesimo di cui la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è figlia.
Dall’oggettivo al soggettivo
A questo tipo di modello ”oggettivo” e “razionale” si vuole sostituirne uno di stampo culturale e/o religioso, che potremmo definire “soggettivo” in quanto non solo diverse religioni o culture basano le proprie regole su testi diversi, ma anche all’interno di una stessa religione o cultura l’interpretazione degli stessi testi può differire e dare vita a regole diverse.
Cosa succede allora quando le regole “globali” alla base della nostra civiltà vengono rimpiazzate auspicando (come vorrebbero Bannon e Dugin) a un ritorno ai valori tradizionali del cristianesimo come base legislativa? Cosa succede alle donne?
Un’idea ce l’ha data Margaret Atwood nel “Racconto dell’ancella”, e basta dare un’occhiata alle posizioni dei repubblicani negli USA per comprendere che una Gilead non sembra oggi più così distopica come apparve all’uscita del romanzo negli anni ‘80.
Le religioni monoteiste sono patriarcali. Dietro i dogmi vi è sempre un concetto esplicito (salvaguardia della vita) e uno implicito (controllo di trasmissione). Assumere il controllo del corpo della donna è mantenerlo sulla procreazione, compito che in ogni religione monoteista spetta all’uomo e che è fondamentale nelle società dominate da gerarchie ereditarie. In sostanza, più laiche, liberali e democratiche le società, più libere sono le donne. Se poi parliamo di “parità” di diritti, può sussistere solo in stati di diritto.
L’ultra-destra radicale
Con l’ascesa del sovranismo in Europa e l’estremizzazione del partito repubblicano negli Stati Uniti, abbiamo assistito ai primi passi verso emendamenti legislativi in cui la matrice cristiana ha voluto riaffermare il diritto di controllo sul corpo della donna. L’aborto è tornato a essere illegale in Polonia e Ungheria, mentre negli Stati Uniti, negli stati governati dai repubblicani, sono in corso acerrime battaglie legali per aggirare la legge Roe v. Wade, 410 U.S. 113 (1973) che impedisce di criminalizzare le donne che intendono porre termine alla gravidanza. Una lotta fatta a base di emendamenti che erodono sempre di più il diritto all’aborto. In Texas, per esempio, esistono addirittura proposte di legge che prevedano la pena di morte per le donne che abortiscono ed è già “pratica” da parte dei medici il non effettuare isterectomie (anche per motivi medici) senza il consenso scritto del marito.
Omofobia
Anche la lotta ai LGBT va vista in questo contesto: dalle leggi omofobiche in Russia e negli stati sovranisti europei, al “Don’t say gay” bill di DeSantis in Florida, che ha portato al bando di numerosi libri e la proibizione di menzionare l’esistenza dei gay ai bambini per non “corromperne le menti”; oppure la lotta acerrima dello stesso DeSantis contro la Disney, rea di non vole sottostare alla censura.
Se il neoliberismo è una forma di capitalismo che crea grande disparità sociale, è comunque limitato non solo dalle convenzioni internazionali ma dalla sua stessa natura: quella cioè di nutrirsi del mercato e avere pertanto bisogno della circolazione del denaro, che è tanto maggiore quanto lo è il potere di acquisto degli individui. Si può dire che l’oscillazione a destra (privatizzazioni) o a sinistra (riforme sociali) del neoliberismo avviene per garantire un equilibrio da cui dipende la sua sopravvivenza.
Dall’altro lato invece abbiamo il progetto di società autocratiche, dal mercato libero e senza regole, dove i cittadini sono soggetti a ferree regole di controllo dei costumi e di fatto privati di diritti che oggi diamo per scontati (pensiamo alla limitazione di orari di lavoro, diritto alle ferie, alla maternità ecc.). In sostanza, un neo feudalesimo oligarchico dove il potere e le ricchezze sono controllate da un numero limitato d’individui. Ovvero, la Russia di Putin.
E le corporazioni?
Qualcuno potrebbe obiettare: ma non è così anche per le corporazioni? La risposta è no, in quanto le corporazioni agiscono all’interno di una struttura liberale costituita da regole. Si può essere d’accordo che negli ultimi decenni troppe leggi sono state emanate a favore delle corporazioni e contro gli interessi degli individui, ma ciò non toglie che all’interno delle democrazie liberali continuino a esistere gli strumenti per limitare il potere delle corporazioni (la vittoria su Amazon con l’istituzione di un sindacato è una delle recenti dimostrazioni). Al contrario, nel neo feudalesimo auspicato dalle destre ultraconservatrici non esisterebbe più alcuno strumento per i cittadini di modificare le regole. Il popolo verrebbe ridotto, di fatto, a un servaggio.
Ci è ben chiaro, a questo punto, che l’ostacolo maggiore delle nuove destre ultraconservatrici (di cui Putin è figura di riferimento), non sono né le corporazioni, né il capitalismo, il nemico da sconfiggere sono i valori liberali, ovvero quelli espressi nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che limitano il potere di una cerchia ristretta di oligarchi.
Se però l’estrema destra cercasse di “vendere” questa ideologia attraverso un attacco diretto alla carta dei diritti umani, non avrebbe consenso. Ha bisogno dunque di una narrativa più accettabile che presenti una realtà alternativa in cui i “diritti” sono “aberrazioni”, le “libertà”, “pensieri unici”, la “democrazia”, “inesistente”, la “tolleranza”, “degrado dei costumi” e così via.
La narrativa
Le teorie complottistiche – che hanno iniziato a circolare negli ultimi anni su vari social, prevalentemente immesse da bot russi (le Russian Web Brigates) e poi fatte circolare da vari utenti fino a divenire virali – svolgono dunque il compito di creare una narrativa in cui la distruzione delle società liberali e democratiche sia vista come una lotta del bene contro le forze del male, di Dio contro Satana, dei valori familiari contro fantomatiche “reti di pedofili”, sette cabalistiche e trame occulte in cui sono coinvolti tutti gli esponenti e i rappresentanti delle società liberali. Questo al fine di creare nel subconscio collettivo l’associazione tra “liberale” e “malvagio”. Il 5G? È uno strumento di controllo. Il Covid? È un’invenzione della quinta colonna. I vaccini? Servono per inserire dei chip. E poi via con Soros, Hunter Biden, i laboratori segreti, le ulcere siberiane e il terrapiattismo.
Come fanno persone razionali a credere in queste cose? Semplice, bisogna far sì che cessino di credere nel mondo empirico (forzandole a una perdita di fiducia nei mezzi di comunicazione tradizionali così che non credano più alle informazioni che provengono da esse), ma vengano gradualmente accompagnate all’interno di una realtà dove, non importa quanto assurde, tutte le trame acquistino un senso e dunque, non importa da dove provengano le informazioni che si inseriscono in quella struttura, verranno accettate come verità assolute.
Il Great Awakening è la profezia del grande risveglio, un evento profetico che nella mente degli adepti avrà effetti sconvolgenti e catartici e dal quale emergerà una società nuova, epurata da ogni male. Sul come questa narrativa fittizia possa imporsi sul reale, fino a sostituirlo ho già scritto qui. Ma nel momento in cui questa sostituzione avviene, crea una spaccatura incolmabile tra gli individui, impedendo ogni possibilità di dialogo. Ci si ritrova in “realtà” separate senza più condividere le stesse basi percettive e cognitive; una spaccatura tra reale e meta reale.
In conclusione
Se la radicalizzazione è un processo di sviluppo di credenze, emozioni e convinzioni contrarie ai valori fondamentali della società, alle leggi della democrazia e ai diritti umani universali, possiamo affermare che il complottismo sia lo strumento di radicalizzazione d’intere fasce di popolazione. Una radicalizzazione che ha per obiettivo il sovvertimento dell’ordine costituito messo in atto dalle destre ultraconservatrici, tutte legate a doppio filo a Putin.
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